Oggi, 8 novembre 2024, gli Zagreb pubblicano il loro quinto EP, Terra Bruciata, un lavoro che porta la band a confrontarsi con i mali e le tensioni della società contemporanea: guerre, violenza e solitudine in un mondo sempre più chiuso e diviso. Dopo dieci anni di musica, cinque album e centinaia di concerti in tutta Italia, gli Zagreb scelgono di tornare alle radici con suoni potenti e testi incisivi, registrando questo nuovo progetto “itinerante” in tre studi differenti. Li abbiamo intervistati per capire il significato di questo EP e per esplorare i messaggi che intendono lasciare con ogni nota e parola.
L’intervista a Zagreb
Ciao ragazzi, benvenuti su Inside Music.
Partiamo subito da Satelliti, il singolo che anticipa il vostro quinto album in uscita l’8 novembre. Un pezzo intenso, che si addentra nel tema dei rapporti tossici e violenti. Qual è stata la genesi di questo pezzo e cosa vi ha spinto a scriverlo, oltre alla crescente saturazione di episodi simili nella cronacaquotidiana?
Ciao rockers e benvenuti a Zagreb! È proprio così… non potevamo far finta di nulla ed è venuto quasi naturale raccontare di questa società sempre più violenta e indifferente. Non passa giorno che non si senta parlare di femminicidi e/o altri fatti di sangue: l’uomo sta cambiando, i giovani sono sempre più persi e il nostro Paese di certo non aiuta a sensibilizzare certi argomenti, anzi… fomenta sempre di più odio e fobie sociali.
Uno degli aspetti più incisivi di Satelliti è l’alternanza tra le voci delle due parti coinvolte in una relazione tossica. Una scelta narrativa che amplifica la forza del brano e permette di esplorare le emozioni e le complessità di un rapporto abusante. Come è nata l’idea di affrontare il tema dal punto di vista di chi vive questa esperienza?
Raccontare il punto di vista del “mostro” è una cosa che mi ha sempre affascinato, mi ha sempre dato molto da pensare e non è la prima volta che succede in un brano di Zagreb. Mi tormenta il fatto di capire il vero motivo che spinge a fare del male, quell’impulso animale che rende instabile, incosciente.Credo che quel “nero” sia dentro ognuno di noi e controllarlo diventa fondamentale senza farsi coinvolgere dalle emozioni malate, dalla paura. Bisogna farsi aiutare, bisogna parlare, esprimersi, aprirsi.
Il videoclip di Satelliti, diretto dal vostro batterista Giulio Beniero, presenta Jolanda Berechet nel ruolo di interprete di un racconto scritto da Alessandro Novello, il cantante della band, ispirata a un testo di un brano inedito.
Qual è la storia di questa canzone e perché non è stata pubblicata inprecedenza? Cosa vi ha spinto a riportare alla luce questa narrazione attraverso il video e a strutturarlo in questo modo così particolare?
Scrivo molto, di qualsiasi cosa, quando meno me lo aspetto. Non sempre un mio testo però riesce ad entrare in sintonia con il mood creativo della band, per questo motivo archivio, tengo lì a maturare o scadere. L’idea di Giulio (batterista) e di Mene (chitarrista) mi ha dato modo di rispolverare queste vecchie storie ed è stato eccezionale per tutti noi reinventarsi, ma soprattutto creare un progetto di videoclip non standard, basato sulla forza dell’espressione e della parola. Sappiamo che non è un modello molto facile da far arrivare al pubblico, contiamo molto nello stimolare la curiosità e la pazienza di tutti coloro che vogliono capire Zagreb.
Cosa significa per voi ritrovarvi come band e come persone in questo momento del vostro percorso? In che modo la vostra evoluzione si riflette nei toni viscerali e nei messaggi taglienti e urgenti di questa nuova release?
La forza di Zagreb è sicuramente il concetto di famiglia. Da 10 anni, nonostante un cambio di formazione e l’innesto di un nuovo componente, abbiamo sempre creduto che per andare avanti, bisogna prima di tutto stare bene tra di noi. Parliamo molto, ci confrontiamo su tutto, ci vogliamo bene e ci stimiamo a vicenda, non solo come musicisti, ma anche come uomini. Siamo tutti prime donne, ma non c’è un leader. Questo ci ha permesso di comporre 5 dischi, suonare in tutto il Paese ed esserci ancora. Più la confidenza tra noi matura, più mi sento libero di toccare temi senza vergogna o paura di scoprirmi troppo.
Avete descritto Terra Bruciata come un progetto ‘itinerante’, registrato in tre studi diversi. Insolito! Cosa vi ha spinto a fare questa scelta e in che modo ognuno di questi luoghi ha contribuito a plasmare i brani, arricchendo il messaggio complessivo dell’EP?
In 10 anni di band, abbiamo avuto la fortuna di incontrare molta gente del settore che poi sono diventati amici. Questo ci ha permesso di registrare nei loro studi. Ci teniamo molto a nominarli, perché sono anche loro parte integrante del lungo viaggio di Zagreb: Federico Viola dell’Animal House Studio (VE), Francesco Scarpa del Riviera Studio (VE), e Devis Costa/Ivan Zora del Phonix Studio (PD). Registrare in modo itinerante è stato estremamente stimolante, ha modificato la nostra visione produttiva, ha plasmato suoni e strutture. A Ferrara abbiamo collaborato in un paio di brani (Stai attento e Satelliti) con il produttore Andrea Sologni (dei Gazebo Penguins), un’esperienza molto forte che ci fatto crescere ed esplorare nuovi metodi produttivi.
In un panorama musicale in continua trasformazione, cosa rappresenta per voi l’impegno a preservare uno stile distintivo e autentico? Come questa scelta vi consente di rimanere fedeli alla vostra visione artistica e quali messaggi volete che il vostro sound trasmetta a chi vi ascolta?
Musicalmente parlando, tutti noi siamo figli degli anni 90’. Arriviamo dal grunge, dal blues, dal cantautorato (quello vero). Erano anni in cui la musica ti entrava nelle viscere, c’era passione, arte. Fare musica era una missione personale, un viaggio creativo, salvezza. È quello che ci portiamo dentro anche noi, perché davvero per noi è ancora così: non siamo in grado scendere a compromessi, non siamo in grado di svenderci, non possiamo neanche immaginare di poter sostituire una chitarra con un synth o sporcare una bella voce con auto-tune o schifezze varie. No! Sappiamo di essere fuori dal tempo, sappiamo che la società sta cambiando e che i giovani non conoscono il rock; non ha importanza, noi cerchiamo di fare quello che ci fa stare bene.
Quali consigli dareste ai giovani musicisti che si sentono intrappolati in uningranaggio industriale che sembra spingerli verso l’omologazione? In che modo possono mantenere la propria autenticità e creatività in un panorama musicale così competitivo?
L’unico consiglio che ci sentiamo di dare, è quello di suonare, suonare e suonare.Innamorarsi di uno strumento e/o della propria voce, scrivere, leggere, pensare: l’obiettivo deve essere quello di trovare un’identità, non quello di arrivare.
Ci sono artisti o band con cui vorreste collaborare in futuro? Quali caratteristiche cercate in un possibile collaboratore?
Negli anni abbiamo avuto la fortuna di collaborare e condividere il palco con artisti che nella nostra crescita culturale musicale ci hanno segnato e affascinato. Abbiamo incontrato anche svariati stronzi, “artisti” che sulla carta sono “giganti” ma che poi umanamente si dimostrano molto piccoli. E ce ne sono molti! Ecco…questo per noi diventa fondamentale: bisogna innamorarsi a vicenda, serve stima, voglia condivisa di contaminazione e libertà.In quest’ultimo Ep c’è il prezioso featuring con Silek, rapper di Padova da molti anni attivo nella scena underground che ci ha colpiti grazie alla tua sua scrittura e all’attualità dei temi trattati. Ne è nato così un brano incredibile, si chiama “Magnifica” dove, oltre ad un sound accattivante, si sentono le ns voci incastrarsi alla perfezione in un canto di dolore.
Qual è il significato del live per voi, sia come band che a livello personale? Ci raccontate se esiste qualche rituale che considerate essenziale nella vostra preparazione, prima di salire sul palco?
Zagreb compone dischi non per venderli, bensì per suonarli dal vivo! La dimensione live per noi è vitale, non ne possiamo fare a meno, e quando ci fermiamo anche solo per qualche mese, stiamo male, ci manca.Il palco è il nostro paradiso, non importa quanto grande sia o quanto distante sia da casa, l’importante e avere un palco sul quale sfogare tutta la nostra energia, rabbia, gioia e creatività. Per quanto mi riguarda, il palcoscenico è l’unico posto in cui mi sento davvero libero e forse me stesso, nonostante prima di salirci mi crei ansia e a tratti terrore; una volta salitoci, tutto svanisce e si trasforma in uno stato di benessere.
A proposito di live. Avete progetti o concerti in programma?
Domani, 9 Novembre, ci sarà il release party di questo nuovo disco al Vinile Club di Rosà (VI) dove festeggeremo i nostri dieci anni di vita assieme. Con noi sul palco ci saranno diversi amici che in questo decennio hanno collaborato e partecipato alla crescita della band. Sarà una notte pazzesca! Avremo poi altre date, trovate il calendario aggiornato del tour nei nostri social.
Grazie mille per il vostro tempo, è stato un piacere avervi con noi. In bocca al lupo per “Satelliti” e “Terra Bruciata”! Ci vediamo in giro.
Immensamente, GRAZIE. Love, Z.
Di sera vado ai concerti. Di notte scrivo i live report.