Amy Winehouse, a sette anni dalla sua tragica morte, ritornerà in tour. Già, non è nefasto black humore o un semplice pesce d’aprile ma, ben si, la pura realtà. Di fatto, nel 2019, sarà un ologramma a prendere le sue veci portando ancora una volta la sua musica in live nel mondo, sotto il beneplacito della famiglia della defunta artista.
La ricreazione digitale è a cura di BASE Hologram, la stessa società che ha creato l’ologramma di Roy Orbison ora in tour in Nord America. Verrà usata un’attrice che imita il movimento di scena di Winehouse come base dell’ologramma, arricchendolo con le immagini generate al computer. L’ologramma si muoverà lungo il palco mentre ‘esegue’ i suoi successi come “Rehab” e “Back in Black” usando le registrazioni originali della Winehouse e con una band di supporto dal vivo.
Ovviamente questa scelta non farà che bene ai fan di Amy che avranno la possibilità di tornare ad “ammirare” in live una delle più belle voci di sempre. La domanda, però, sorge spontanea. Quanto può far bene questa nuova iniziativa al mondo della musica in se, considerato che sembra stia prendendo sempre più piede? Quanto è possibile, di questo passo, andare avanti tendendo verso un appiattimento o snaturamento del ruolo dell’artista che diviene così sostituibile da un semplice gioco di luci e audio?
La domanda noi non possiamo non porcela. Ai posteri, e a voi, l’ardua sentenza.
