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The Pineapple Thief al Largo Venue di Roma – [Photogallery e Live Report]

by InsideMusic
The Pineapple Thief Largo Venue

The Pineapple Thief, la band britannica considerata tra le formazioni più interessanti nel panorama del progressive rock degli ultimi anni, il 22 febbraio 2019 hanno portato sul palco del Largo Venue di Roma il Dissolution Tour.

Special guest della serata al Largo Venue sono stati gli O.R.K., gruppo composto da alcuni tra i più apprezzati artisti della musica contemporanea, che hanno aperto l’atteso concerto dei The Pineapple Thief (qui la nostra intervista a Bruce Soord) che si sono imposti nuovamente sulle scene musicali con Dissolution, l’ultimo lavoro in studio uscito lo scorso 31 agosto per l’innovativa etichetta britannica Kscope e che ha riscosso grande consenso di critica e pubblico.

Dissolution rappresenta senza dubbio una tappa fondamentale nella produzione artistica della band: è infatti il primo album che si avvale della partecipazione alla composizione di Gavin Harrison, membro storico dei Porcupine Tree e poliedrico batterista di un altro grande nome del rock progressive come quello dei King Crimson. “The Pineapple Thief è una proposta diversa con Gavin”, ha dichiarato Bruce Soord, leader e fondatore della band, “è stato con me fin dall’inizio di “Dissolution” e insieme abbiamo portato le canzoni in un territorio che non avrei mai esplorato da solo”.

Si resta decisamente affascinati ad ascoltare i Pineapple Thief. E finito il concerto il cuore ancora riecheggia delle magiche note suonate dalla band. Il ritornello di White Mist, il riff accattivante di Nothing at Best, il delicato arpeggio di That Shore. La band britannica, che dal 2016 si avvale del supporto dello straordinario batterista Gavin Harrison, si esibisce in un lungo concerto di circa due ore con la maestria dei grandissimi. Un controllo della scena sapiente ed elegante, una sobrietà molto british nel rapporto col caloroso pubblico romano, la consapevolezza di avere tra le mani un notevole repertorio, gestendo secondo l’occorrenza momenti placidi e commoventi alternati ad altri più aggressivi e complessi.

La loro esibizione inizia senza tanti fronzoli. Pronti, via ed ecco che il quintetto attacca con Try as I Might, scatenando subito il putiferio in un Largo Venue stracolmo. L’atmosfera è subito delle migliori. Lo percepisce il pubblico e lo comprendono anche i musicisti sul palco. L’elettricità viene mantenuta ad alti livelli per i brani successivi, per poi placare gli animi con una solenne ballad. Si tratta del piatto forte della casa: più volte ci si affida al calore di diverse chitarre acustiche e alla particolare voce del vocalist. Si può notare in questa caratteristica un forte richiamo ai Porcupine Tree e ai vari progetti di Steven Wilson (come per esempio i Blackfield). I Pineapple Thief ci regalano quindi minuti carichi di pathos attraverso la già citata That Shore, ma anche con Shed A Light, No Man’s Land.

Presentando quindi il repertorio dell’ultimo album, Dissolution, e i successi dei precedenti lavori, la band si presenta compatta, concreta, forte ed estremamente matura. Mantenendo comunque un tratto sperimentale quasi fanciullesco e adolescenziale, alternando la voglia di sfondare di un ventenne con le riflessioni esistenziali tipiche della mezza età. Un ibrido di emozioni che rendono sempre sorprendente l’esibizione e l’atmosfera, senza mai un attimo di scontatezza. E anche il già sentito presenta elementi di novità da intelligenti musicisti.

Per quanto riguarda l’esibizione del gruppo, una prima nota di merito va assolutamente a Gavin Harrison. Il noto batterista riempie col suo caratteristico stile ogni brano di meravigliosi colori, gestendo tecnica ed efficacia con l’abilità che l’ha reso famoso. Chi accompagna Harrison nella gestione del groove e del ritmo è poi senz’altro Jon Sykes al basso, autore di una prestazione eccezionale e molto coinvolgente. A riempire ogni vuoto, risultando spesso in secondo piano, eppure sempre indispensabile, è del resto il tastierista Steve Kitch, capace di mescolare sonorità classiche ad altre più vicine all’elettronica di scuola europea.

Il giovane chitarrista solista George Marios compie poi un egregio lavoro, sfornando soli con un’abilità e una dimestichezza magistrali, così come nel gestire parti più morbide, sobrie, intime con deliziosi arpeggi. Alla voce e alla chitarra ritmica infine c’è Bruce Soord, autentico uomo da palcoscenico: la sua capacità di gestire varie atmosfere, diversi umori, un repertorio estremamente complesso, mantenendo sempre il controllo della situazione… che dire, è ammirevole e affascinante.

Un’esibizione eccezionale come quella offerta dai Pineapple Thief meritava un’eccezionale band di apertura. E così è stato. Il supergruppo O.R.k. ci offre un repertorio più lineare e coerente rispetto a quello degli headliner, muovendosi sempre sui sicuri binari di un Progressive Rock che si avvicina molto a quanto lasciato dai Pink Floyd. Il tutto presentando anche sperimentazioni più contemporanee, simili per sonorità alla musica dei Tool, dei Soen e dei System of a Down più intimisti. Gli O.R.k. si comportano egregiamente. E non potrebbe essere da meno, vista la notevole formazioni di cui si dotano.

Pat Mastelotto alla batteria, che suona anche nei King Crimson (e tutti sappiamo quanto sia importante questa referenza), tiene tutti sul pezzo, senza lasciare nulla al caso, sfruttando ritmi lineari arricchiti dai colori futuristici di numerosi pad elettronici. Colin Edwin (bassista dei Porcupine Tree) non è da meno, disegnando linee di basso coerenti, superbe e mai scontate. A colorare il tutto con melodie coinvolgenti ci pensa il chitarrista Carmelo Pipitone (qui l’intervista, noto in Italia per la sua partecipazione nella band Marta sui Tubi), mentre la formidabile ugola di Lorenzo Esposito Fornasari si muove in un range vocale da fare invidia a parecchi.

Una serata di altissimo livello musicale non si vede molto spesso, tantomeno nella Capitale. Si esce dal locale e si ritorna a casa pieni di mille emozioni positive, quasi sopraffatti da una serenità che sa di innocenza e purezza. Sarà dura rivivere quei momenti, ma in questo può essere senza dubbio d’aiuto ascoltare (in cuffia, possibilmente) la produzione musicale dei Pineapple Thief e degli O.R.K.

Photogallery a cura di Giusy Chiumenti

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