Mi sedetti dalla parte del torto perché tutti gli altri ascoltavano l’ultimo singolo di Enrique Iglesias.
Come ogni anno in primavera insieme all’allergia arriva il nuovo singolo di questo o quel cantante latino che apre la porta delle classifiche ad una serie di epigoni minori che affollano le classifiche e le playlist di ogni emittente che abbia un briciolo di attitudine commerciale.
E’ come se tutti noi fossimo vittime inconsapevoli della lobby delle scuole di Zumba. Costretti a sorbirci per tutta la bella stagione un continuo martellamento di musica caraibica, per non beccare in radio o sui social network qualcuno che passi questa musica l’unica soluzione è andare a scovare qualche rifugio nucleare risalente agli anni sessanta. Non basta infatti spegnere la radio, il tormentone caraibico è sempre in agguato, dalla suoneria del cellulare di un pensionato in coda alle poste fino alla musica di sottofondo del tuo bar di fiducia dove anche un semplice kaffeeeee diventa un’escursione nel mondo rutilante della musica “da ballare”.
Il dilagare di quest’onda latina ha portato a degenerazioni che rendono impossibile opporsi a questo fenomeno. Si, perché le superstar sudamericane non contente di dominare a casa loro hanno cominciato a collaborare promiscuamente con superstar internazionali che subodorando il soldo facile hanno accettato di buon grado di prestarsi a questa subdola opera di distruzione dei nostri sistemi nervosi e uditivi.
In principio fu Jennifer Lopez a sdoganare il tutto, come testa di ponte a star di prima grandezza. A scalzarla dal trono è stato Enrique “bello e impossibile” Iglesias, figlio del mancato portiere del Real Madrid che ogni santo anno che il signore manda su questa terra riesce a uccidere la nostra salute con una nuova e formidabile hit capace di scalare le classifiche. La santissima trinità latina si chiude con Shakira, che non ha risparmiato nemmeno i mondiali di calcio con la sua musica, essendo tra l’altro sposata con il difensore del Barcellona Pique.
Un altro nome però non può non essere menzionato, ovvero Pitbull, il rapper cubano che è diventato un generatore umano di featuring. Ha duettato anche con la voce del casello automatico che ti ringrazia dopo aver pagato il pedaggio.
A volte faccio un brutto incubo, mi immagino come Malcom McDowell in quella scena di arancia meccanica in cui gli tengono aperti gli occhi a forza per fargli vedere delle scene violente al cinema, io penso alla stessa scena con me legato ad una sedia davanti al canale “Onda latina” senza possibilità di scappare.
A scorrere la classifica di spotify “Top-Latino” si rischia l’epistassi, va tutto bene fino a che non premi play e ti si materializza l’ologramma dell’istruttore di balli latino americani con una delle sue improbabili camice in camera. Il mattatore di questa primavera e di sicuro anche dell’estate 2017 è Luis Fonsi con la sua Despacito che già è diventata una di quelle canzoni capaci di farti rimpiangere la pensione di invalidità per audiolesi. E’ ovunque, pompata anche dagli spot, in ogni compilation e tutte le istruttrici di Zumpa che si rispettino hanno già caricato una coreografia su youtube, siamo praticamente spacciati.
Al momento in cui scriviamo il video di Enrique Iglesias in meno di dieci giorni dal caricamento ha già superato i CENTOMILIONI (si, cento milioni) di visualizzazioni, che è un po’ come quando entri in autostrada controsenso e credi che abbiano tutti sbagliato strada senza porti il problema che forse sei tu che stai andando nel verso sbagliato.
Questo è il timore che si ha guardando i numeri della musica latina, un timore lecito, che scompare appena premiamo play e ripartono quei ritmi reggeaton capaci di farci sanguinare le orecchie, non tanto per la qualità della singola canzone ma per i milioni di ascolti a cui, nonostante la nostra volontà, saremo sottoposti. Forse è la ripetitività il vero fulcro del nostro odio, o forse è proprio la bruttezza di quel genere.
Il nostro paese poi non è mica stato a guardare, abbiamo addirittura esportato artisti capaci di piegarsi a questo strapotere e dire la loro, il caso di laura Pausini è eclatante, ma anche rimanendo nel nostro piccolo orticello artisti come Gigi D’Alessio hanno voluto dire la loro. Se alle canzoni latine togli la frase “bailar contigo” rimane più o meno solo “como suena el corazon” del nostro caro Gigi. Che poi mi chiedo, che c’avete da ballare sempre?
La strada per l’inferno è lastricata di Hit latine e noi non abbiamo nessuna arma forte abbastanza per opporci, se non forse quella di comprarci delle cuffie più grandi per sentire in santa pace la nostra musica senza per forza muovere il bacino o la colita.
Raffaele Calvanese
Si appassiona alla musica sin da bambino, scoprendo la vena rock n roll alla tenera età di 8 anni folgorato dall’album EL DIABLO dei Litfiba e PARANOID dei BLACK SABBATH. Nel 2010, insieme a due amici, Alessio Mereu e Alessandro Cherubini fonda il LITFIBA CHANNEL che di li a poco diventerà la radio ufficiale della storica rock band di Piero Pelù e Ghigo Renzulli, all’interno della quale conduce il programma SOGNO RIBELLE scoprendo e intervistando insieme a GRAZIA PISTRITTO band come IL PAN DEL DIAVOLO, BLASTEMA, KUTSO, ILENIA VOLPE, METHARIA, FRANCESCO GUASTI, PAVIC, UROCK. Format portato anche in formato live organizzando serate di vera e propria musica live in alcuni locali di Roma. Nel 2017 dopo tre anni alla direzione di una webzine, decide di fondare e dar vita a INSIDE MUSIC insieme alla socia MARTA CROCE.