Stanze, il nuovo album di Giulia Ventisette [RECENSIONE]

di InsideMusic

Ha già un mese di vita Stanze, secondo album in studio, dopo L’inverno del cuore (2015), della cantautrice fiorentina Giulia Ventisette. Il lavoro, pubblicato per La Stanza Nascosta Records, raccoglie 12 tracce dalle sonorità acustiche: batteria, basso, pianoforte, chitarre, fiati, archi. Seppur le etichette ritengo non siano giuste e necessarie, la sua musica è collocabile all’interno dell’area pop-cantautorale. Gli arrangiamenti si sposano perfettamente con l’intenzione e il significato dei testi, esplodono e si raccolgono nei giusti momenti e spazi. Si può ben comprendere che questo disco sia stato pensato, ragionato e realizzato in diversi mesi. Ed è giusto così, la musica ha bisogno del suo tempo, della cura giusta. Il frutto maturo è più buono.

Il primo brano, Soldatini di carta, singolo del disco, uscito già l’anno scorso, pluripremiato, incarna a pieno l’idea dell’autrice: “il cantautore deve comunicare, ha delle responsabilità a cui non può sottrarsi”. A tal proposito, degno di nota è l’altro fortunato singolo Tutti zitti che, su un tappeto arpeggiato di chitarra acustica, scatta una fotografia amara ma realistica della condizione di lavoro, del posto fisso visto quasi come una gabbia dalla quale è impossibile fare una rivoluzione. “Siamo docili pedine, schiavi di una posizione” “Tengo stretti i miei doveri mentre ho perso tutti quanti i miei diritti”. Forse siamo tutti burattini con il sale sugli occhi e la rassegnazione in bocca.

L’album Stanze di Giulia Ventisette (La Stanza Nascosta Records): artwork e tracklist 
  1. Soldatini di carta – 3:43
  2. Unico – 3:56
  3. Il sale sugli occhi – 4:09
  4. Te lo dico con una canzone – 3:33
  5. Burattino – 3:02
  6. Un eventuale ritorno – 3:06
  7. Il padrone del buio – 3:09
  8. Una relazione monosettimanale – 3:25
  9. L’opposto di me – 3:48
  10. Tutti zitti – 3:12
  11. Figli d’arte – 3:14
  12. Psicanalisi – 3:05

Ciò che emerge dai testi di Giulia Ventisette è certamente la necessità di raccontare una società, ma ciò è fatto in modo poetico, non irrazionale. Da qui l’occasione – colta e sviluppata mirabilmente negli altri pezzi – di stendere un’attenta analisi interiore, toccando sentimenti come la malinconia, la noia, l’amore, tutto condito con il giusto sarcasmo che, per fortuna, la vita, ogni tanto, ancòra suggerisce. Ma ci sarà mai un eventuale ritorno? Siamo vittime inermi del tempo, alla continua ricerca di sfumature per dipingere il bianco e nero che ci circonda. Forse la tavolozza ce la serve la persona che ci è accanto, o che vorremmo avere vicino, anche se spesso questo tempo insieme si esaurisce soltanto in un giorno a settimana. Ma chi è il vero padrone del buio?

Schumann, a proposito di Chopin, diceva che le sue opere sono cannoni sepolti sotto i fiori. Con le dovute proporzioni, si può dire lo stesso di Giulia Ventisette. Nei suoi brani ci sono eleganza, grinta raffinata, umiltà, voglia di fare, follia, arte. Forse è proprio vero, per certe cose non servono mille parole, basta una canzone, e questo Giulia lo sa fare benissimo.

Francesco Saverio Mongelli

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