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Simple Minds al Roma Summer Fest, let there be love!

by Luca.Ferri

Che la stagione estiva dei concerti romani abbia inizio! E quale modo migliore per inaugurarla se non nella splendida e magica cornice della Cavea dell’Auditorium Parco della Musica di Roma con il live dei Simple Minds all’interno della rassegna del Roma Summer Fest?

È appena calato il sole quando la band scozzese entra in scena e in un attimo è subito atmosfera anni ’80. Quegli anni alla fine di cui sono nata ma che, decisamente, avrei invece voluto vivere a pieno musicalmente, scegliendo qualsiasi gruppo facesse parte di quella scena musicale dell’epoca e seguirlo in lungo e in largo per l’Europa e per il mondo.

La band di Glasgow è qui per promuovere la loro ultima fatica, Walk Between Worlds, e così noi camminiamo insieme a loro proprio tra questi mondi: quello passato, a cavallo tra gli ’80 e i ’90, e quello attuale, oscillando tra diverse sonorità e diversi successi che anche chi come me stasera fa parte della schiera dei più giovani, ha comunque sempre orecchiato e sempre canticchiato, vuoi per colpa (o merito) dei genitori, vuoi per quella curiosità musicale che ti spinge sempre più a scoprire quello che è già stato.

Jim Kerr&Co salgono sul palco accolti da un bagno di folla, ma il microfono e tutta l’amplificazione non ne vogliono sapere di funzionare, così dopo un paio di tentativi a vuoto, tornano dietro le quinte tra lo sconforto generale un po’ di tutti i presenti.

La terza volta è quella buona, quindi… via alle danze! Stavolta sul serio, ma con il secondo pezzo in scaletta: Waterfront, saltando a pie’ pari quello che era il brano di apertura: The Signal and the Noise. Bastano dunque poche note iniziali e il parterre è già quasi tutto interamente sotto il palco in adorazione, dove ci resterà in pratica per tutto il concerto, grazie anche alla complicità che Jim Kerr instaura con loro.

C’è amore nell’aria. Di tutti i tipi, come testimonia la batteria rainbow e il led dai colori dell’arcobaleno apparso, anche se solo per poco, proprio all’inizio, prima del problema tecnico, per cui… che Let There Be Love sia!

Dopo aver fatto scatenare tutti quanti alternando vecchi e nuovi successi, subito dopo All the Things She Said, è il momento di riposarsi un attimo, così il frontman scozzese lascia la scena ai suoi valenti compagni di viaggio che si abbandonano alle dolci note di Dolphins.

Dopo questa breve pausa, ecco che ritorna più rock che mai con indosso l’immancabile giubbotto di pelle, sfidando la calura estiva da qui alla fine del live, per esibirsi su una grandiosa cover del brano Let the Day Begin, dei The Call.

Dopodiché basta solo la prima nota di Don’t You Forget About Me per far letteralmente alzare tutti quanti in piedi per cantare e saltare insieme a loro che, dopo aver ringraziato tutti in italiano (lingua con cui il caro vecchio Jim ha dimostrato di non sapersela cavare poi così male), escono di scena per poi rientrare sull’altrettanto famosa See the Lights.

È su Sanctify Yourself che ci salutano davvero e alla fine è come se avessero realmente indossato quello che è divenuto oramai il loro simbolo e che compare improvvisamente sullo schermo non appena è terminato tutto: l’anello Claddagh. Con la punta rivolta verso di loro, a testimoniare che quel cuore appartiene al loro pubblico. Con le mani attorno al cuore a simboleggiare l’amicizia che li lega. Con la corona a esprimere la lealtà. A loro stessi. Alla musica. Al loro pubblico.

 

Live Report a cura di Camilla Sabatini

Fotogallery a cura di Laura Sbarbori

 

Di seguito la scaletta:

 

  • The Signal and the Noise
  • Waterfront
  • Let There Be Love
  • Love Song
  • Promised You a Miracle
  • Mandela Day
  • The American
  • Someone Somewhere in Summertime
  • Summer
  • Walk Between Worlds
  • Once Upon a Time
  • All the Things She Said
  • Dolphins
  • Let the Day Begin (cover The Call)
  • Don’t You Forget About Me

 

Encore:

 

  • See the Lights
  • Alive and Kicking

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