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Santoianni e la riscoperta della semplicità a “La soglia dei trenta”

by Alessia Andreon
Santoianni ph Irene Trancossi.Shooting promo 0965

Sarà disponibile dal prossimo 7 giugno “La soglia dei trenta”, il nuovo album di Santoianni.

Un concept album, composto da otto tracce, che è stato anticipato dalla title track e dal singolo “Questa canzone non vale niente”.

Santoianni si sta facendo conoscere nella scena musicale tramite il suo approccio alla scrittura, radicato nella canzone d’autore ma aperto a una poetica contemporanea, fresca e puntuale.

“La soglia dei trenta” è il disco che segna un passaggio importante nella vita dell’artista che, come ci ha raccontato nell’intervista che segue, ha avuto occasione di pensare e ragionare su questa tappa di vita.

Il compimento del trentesimo anno sancisce il passaggio alla vita adulta e, per Santoianni, questa ricorrenza si è trasformata in un’ottima opportunità per regalare al pubblico il suo pensiero schietto e tagliente sul mondo, anche musicale, che ci circonda.

Il risultato è un disco/manifesto generazionale, che esplora anche la frustrazione di un trentenne oggi in Italia, incapace di trovare il proprio posto e di nutrire speranze per il futuro.

Le canzoni scorrono così, legate da un unico filo conduttore emotivo, con cui Santoianni ricama una tela dai toni chiaroscuri, in cui la nitidezza della cornice sonora fa da sfondo a tematiche sociali e culturali rilevanti, come l’abuso di sostanze stupefacenti e la mercificazione della musica e della cultura nell’era dello streaming, come raccontato in “Questa canzone non vale niente”, fino alle politiche sull’immigrazione in “Nulla da perdere” e la riflessione sul compimento dei trent’anni di “Come ci sono arrivato fin qua”.

INTERVISTA

Questo album traccia una linea di demarcazione nel tuo percorso musicale. Come si sta a “La soglia dei trenta”?

Si sta bene, tutto sommato. Mi son reso conto che è un momento importante e sono anche riuscito a fermarmi per fare dei ragionamenti che, di questi tempi, è già tanta roba….

Nel momento in cui ho scritto Il disco non è che fossi particolarmente entusiasta di esserci arrivato e tantomeno di quello che mi aspettava, però, ora, ascoltando il disco e rivivendo   quel momento, tutto sommato dico che la fase della consapevolezza è stata un po’ traumatica all’inizio, ma poi è diventata una bella opportunità.

Il protagonista assoluto è il tuo sguardo lucido e spietato sulla società. Mi incuriosisce sempre la scelta della tracklist che è di per sé un manifesto di cosa troveremo nei brani…

Ho scritto questo disco tutto di un fiato, nel vero senso della parola; e la cosa più clamorosa è che anche la tracklist, tranne un paio di cose che poi alla fine ho invertito, è nata così.

Ho scritto come primo brano “Questa canzone non vale niente” ed è la prima del disco. Ho scritto come ultima canzone “Come ci sono arrivato fin qua” e poi alla fine è l’ultima del disco. Quindi, mi sento di dire che, in realtà, non l’ho scelto io ma è stato proprio il mio flusso di coscienza che è partito così ed è arrivato immutato fino alla fine.

Il racconto è volutamente molto schietto, anche un po’ spietato come, giustamente, dici tu, perché mi sono reso conto che a volte, quando scriviamo canzoni, rischiamo di voler edulcorare le cose per renderle più poetiche di quello che sono. Invece, molte delle cose che racconto in questo album, di poetico hanno poco e niente e, quindi, ho provato anche io ad essere un po’ più diretto del solito.

La frase “I musicisti che useranno gli strumenti veri resteranno chiusi dentro le riserve come indiani” mi ha fatto pensare al cantautorato puro, a quello di chi ancora si diverte a suonare davvero… Tu ti senti ambasciatore di questa specie protetta e, forse, in via d’estinzione?

Io direi umile ambasciatore perché, nel mio piccolo, provo a fare questa cosa che sembra molto strana, ossia fare il cantautore, scrivere delle canzoni e poi portarle in giro suonandole con degli strumenti veri.

Nel nostro live non abbiamo alcun tipo di sequenza, quindi tutto quello che avviene sul palco, che siamo in due o in quattro, a seconda degli eventi, è quello che si sente e che viene suonato. La verità è che, oggi, la musica è molto liquida ed è anche molto finta, perché spesso quello che sentiamo è frutto della semplice tastiera di un computer. Invece, questo disco, è frutto anche dell’innesto tra la musica vera e la musica magari non suonata, ma c’è dentro tanta verità, di persone che si sono messe a farla artigianalmente. Sicuramente di questo mi piacerebbe essere ambasciatore e mi piacerebbe, soprattutto, che magari chi non è più abituato ad ascoltare i cantautori, ascoltando questo lavoro semplice, potesse scoprire questo mondo meraviglioso.

Hai dichiarato di aver scritto tutti i brani in pochi giorni ma la ricerca delle sonorità giuste ti ha impegnato parecchio, eppure i brani si presentano in una veste, sorprendentemente, molto semplice…

Ti ringrazio tantissimo, c’è veramente tanto lavoro, e tutti quello che ho fatto, alla fine, mi ha fatto capire che quello che stavi cercando di inserire era da togliere.

È rimasta, quindi, come dici tu, una semplicità sia nella struttura delle canzoni, che credo si riescano ad ascoltare con facilità; anche a livello di scelte sonore ho cercato di lasciare le cose più pure che c’erano all’interno delle idee che abbiamo con i produttori del disco: Luca Lanza e Molla. Ad un certo punto ci siamo resi conto che la cosa migliore era quella di togliere.

Ho dovuto fare il lavoro inverso: sono partito aggiungendo e ho finito togliendo, il più possibile.

L’album uscirà il 7 giugno, nell’anno in cui sei arrivato in finale a “Ciao–rassegna Lucio Dalla 2024” e anche alle semifinali di Musicultura, direi che è un buon anno per te; cos’altro ti aspetta?

Forse questo anno mi ha già dato tutto quello che potessi sperare; le mie aspettative sono state ampiamente superate ed è molto bello così, sia perché le ho sempre molto basse e quindi tutto quello che succede è una bellissima scoperta e poi perché queste canzoni, ancora prima di uscire, in maniera quasi inaspettata hanno ottenuto dei piccolissimi, ma molto soddisfacenti, risultati.

Quello che vorrei dall’altra metà dell’anno, dato che il disco esce esattamente a metà, è la possibilità di poterlo suonare e farlo magari non nei luoghi canonici ma in situazioni in cui la gente non è abituata a sentire musica. Ci stiamo ingegnando per cercare posti dove magari non si va, solitamente, a sentire dei concerti.

Abbiamo già fatto alcuni live di presentazione e abbiamo capito che la situazione ideale in cui suonare questo disco sarebbe davanti a poche persone, lontano dal chiasso dei luoghi frequentati, creando anche un dialogo col pubblico. 

Addirittura, ci sono state persone che mi hanno fatto delle domande e questo scambio di pensieri sul disco e sugli argomenti che tratta, dato che io in questo disco esprimo esattamente quali sono i miei pensieri,  può essere una cosa molto bella, ma anche divisiva.

A volte, togliere, come dicevamo prima, crea un’atmosfera che ci piacerebbe tantissimo replicare.

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