Colorati, senza filtri e con uno sguardo alla musica degli anni ’70/’80, i Moonage si rivolgono ad un pubblico giovane, affrontando temi molto attuali in modo mai scontato.
I Moonage sono un gruppo musicale milanese, nato come incontro tra il sound delle coste australiane e le vibrazioni del mondo cittadino.
Ufficialmente insieme dal 2016, la band consolida negli anni un’identità musicale fatta di formule ricorrenti: mood e stile vintage, riadattamenti in chiave moderna di sonorità vintage e testi di stampo beat.
I quattro ragazzi sviluppano negli anni un legame passionale con il palco e la musica live, lavorando sulle performance dal vivo suonando in giro tra i locali milanesi ed eventi.
Abbiamo intervistato I Moonage in occasione dell’uscita di “E in fondo, che differenza fa?” , il loro nuovo album, che conterrà “La notte se ne va“, “Portogallo”, “Freaks” e “Dimmichenesai“.
Ciao ragazzi, benvenuti su Insidemusic. Parto subito con qualche domanda per conoscervi meglio:
Moonage è un omaggio a Moonage Daydream di Bowie o ha un’altra provenienza?
Ha una provenienza un po’ mista. Di certo siamo stati condizionati dalla morte di Bowie negli stessi giorni in cui stavamo formando la band e affrontavamo il primo concerto. Da lì anche se il nome era un po’ provvisorio ci siamo affezionati e lo abbiamo mantenuto.
Il vostro stile musicale un po’ vintage in realtà vi rende molto attuali: come è nata questa vostra identità musicale?
L’esigenza era quella di scrivere una musica diversa ma che si ispirasse all’immortalità di un certo sound. Fondere la nostra passione per gli strumenti e le atmosfere vintage anni 70’/80’ con i mezzi contemporanei anche più elettronici è stata un po’ la chiave di tutto, a questa intuizione dobbiamo la nostra identità.
È appena uscito il vostro album “E in fondo che differenza fa?”: un titolo che non si ritrova all’interno dell’album. Perché questa scelta?
Il titolo è pura provocazione. Sentiamo di voler diffondere non tanto un sentimento di indifferenza quanto più di leggerezza, consigliando di non farsi affossare troppo dal peso della quotidianità. E’ stata anche una provocazione a noi stessi e al nostro lavoro, in cui curiamo ogni minimo dettaglio proprio nella speranza che sotto sotto una differenza la faccia
Questo album è tutto frutto del 2020?
Non esattamente, in realtà è frutto degli ultimi due anni. Periodo con tanti alti e bassi come sempre d’altronde, ma dove ci siamo rafforzati molto come collettivo e dove abbiamo iniziato a trovarci faccia a faccia con la realtà. Anche se non amiamo parlare di noi nelle nostre canzoni, siamo ancora in un periodo di pura descrizione della realtà circostante
Adesso che siamo quasi alla fine di questo anno, il vostro bilancio personale è positivo o negativo? E Perché?
Credo sia positivo per tutti noi, di certo è un periodo difficile e ci sentiamo parte di questa complessità. Ma le cose potevano certamente andarci peggio, e la nostra filosofia è quella di trarre sempre del positivo anche dalle sfide più difficili.

Sono una toscana semplice : un po’ d’arte, vino buono & rock ‘n roll.
“Non come chi vince sempre, ma come chi non si arrende mai”
(Frida Khalo)