“Erano tutti morti. L’ultimo colpo fu come il punto esclamativo a chiusura di quello che era successo. Allentai la presa sul grilletto. Era tutto finito.”
Era il 1996, il genere “Sparatutto in Terza Persona” era stato reso popolare da titoli come Tomb Rider e Syphon Filter, seppur ancora acerbi per quanto concerne telecamere e meccaniche di gioco.
La Remedy Entertainment, già conosciuta grazie a Death Rally, iniziò lo sviluppo su uno sparatutto in terza persona con ambientazione e atmosfera Hard boiled: Max Payne
Il Noir nei videogiochi era già stato usato, seppur in maniera molto leggera, cosa ben diversa invece, per il filone Hard Boiled, filone di gran lunga molto più interessato al protagonista e alla violenza delle vicende raccontate.
Sam Lake, scrittore e direttore della trama di Max Payne, non si è certo risparmiato, regalandoci una delle trame videoludiche più belle di sempre.
Inoltre il gioco è caratterizzato da molti elementi di design ottimo ancora adesso.
Partendo dal protagonista, duro, con un passato doloroso, un senso dell’umorismo molto grottesco, e un modo di fare decisamente trasandato, Sam Lake ha cercato quanto più possibile di creare un personaggio che sia la personificazione stessa del dolore.
Non a caso il cognome Payne è usato molto spesso come gioco di parole per la parola inglese Pain, che significa dolore, così come le cure in gioco, invece di usare bende o kit di primo soccorso, sono rappresentate da antidolorifici o appunto “Painkillers”.
L’atmosfera è volutamente dark e violenta, ambientato nella New York del Gennaio del 2001, portandoci nei peggiori anfratti della città, nella fredda e intensa bufera di neve che imperversa nel gioco.
Ciò che si prova giocando a Max Payne è un forte senza di oscurità, di freddo, e di dolore in alcuni frangenti.
Stupefacenti anche gli incubi che capiteranno a Max, in alcuni punti del gioco, in cui si avrà un’atmosfera decisamente più dark, sfiorando picchi di horror, in grado di mettere soggezione anche al cuore più duro in circolazione.
La storia è narrata tramite scene a fumetto, insieme ad alcuni filmati in game, doppiate completamente in italiano.
Parlando del gameplay, esso è uno dei più rivoluzionari per quanto concerne gli sparatutto in terza persona.
Oltre ad avere una vasta gamma di armi da usare, Max potrà contare sul “Bullet Time” effetto usato nel cinema con Matrix e riproposto nel gioco, che ci aiuterà in alcuni scontri a fuoco ostici da affrontare senza.
La telecamera, che in alcuni giochi in terza persona risultava essere ancora ostica, qua funziona in maniera egregia, senza particolari problemi.
Dal lato tecnico il Max-FX mostrava i muscoli, è invecchiato maluccio, essendo un motore grafico del 2000, ma era in grado di spingere la neonata PS2 al limite, e di mettere all’angolo le scarse configurazioni pc.
Le texture sono ben definite, le animazioni ottime e gli effetti speciali usati ottimamente, diverso discorso per le animazioni facciali, inesistenti e soppiantate da facce fisse con espressioni alquanto buffe.
Celebre, infatti, la faccia di Max Payne, che è la faccia dello scrittore della trama: Sam Lake.
Le musiche sono un misto tra techno, rock e ambient, improntate sul dark.
Il tema principale è probabilmente il pezzo più bello della colonna sonora, un pezzo molto doloroso e oscuro.
Il doppiaggio italiano è ottimo con voci dal calibro di Giorgio Melazzi, Donatella Fanfani, Claudio Moneta e tanti altri.
Max Payne è stato seguito da altri due titoli: Max Payne 2 – The fall of Max Payne e Max Payne 3.
Il franchise è stato definitivamente chiuso con il terzo capitolo che mette fine alla storia del buon Max.
Cos’ha lasciato in eredità Max Payne? Sicuramente un nuovo modo di scrivere le storie, un nuovo modo di gameplay (il bullet time) e un sistema in terza persona innovativo, dove la telecamera non era sempre fissa sul personaggio, ma doveva essere comandata manualmente.
“E allora tutto ebbe fine. La tempesta sembrava aver perso forza. Le nubi lasciavano intravedere le stelle. Era come essere un po’ più vicini al paradiso.”
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