Il 22 Marzo scorso Apparat, eclettico artista tedesco mago dell’elettronica e della sperimentazione, è tornato alla ribalta rilasciando “LP5”, dodicesimo album della sua discografia (rilasciato sotto l’egida della Mute Records) che va così a farsi impreziosire con un nuovo capitolo in grado non solo di risultare una gradevole esperienza musicale ma, soprattutto, di riuscire a definirsi in quella zona di confine dove sperimentazione musicale e ricerca interiore si incontrano.
Il risultato di LP5, ovviamente, è dei più interessanti ponendo in prossimità delle nostre orecchie un lavoro pregevole, dal carattere ben definito e coinvolgente.
Tra voci filtrate, batterie up tempo ed elementi elettronici ottimamente mescolati a selezioni acustiche, Apparat riesce a regalare un’esperienza definibile elettronico – spirituale.
Durante la run di ascolto, che ammonta alla durata di 44 minuti e 19 secondi, l’artista tedesco ci prende per mano e ci trascina in un universo musicale che finisce poi per inglobarci svuotandoci la testa per poi, inesorabilmente, riempirla di nuovo con tutto ciò che vi è di più intimo riscontrabile nel nostro animo.
Le frenesie del mondo, i pensieri di routine e quotidianità, i muri e le distanze posti tra noi e il nostro io vengono abbattuti in un’esperienza che rasenta il meditativo.Il bass synth di Dawn sale gradualmente, coadiuvato da leggeri tocchi di E-Piano mentre la batteria, lentamente, fa il suo ingresso dettando ritmi prepotentemente serrati in totale contrasto con un contesto circostante fatto di scape sonore ambientali e leggiadre al confine tra new age e chill.
Il ritmo cadenzato e le frequenze basse dei synth di Heroist sorreggono un cantato lento, malinconico e scarno. Con Brandenburg si entra in una dimensione dal taglio quasi folkloristico divisa tra percussioni “aborigene”, chitarre acustiche e voci filtrate al limite del sintetico mescolando in se Bon Iver e Low Roar. EQ_Break è un suggestivo momento di pausa dove un pianoforte minimale si fa strada, lentamente, tracciando malinconiche melodie su impercettibili elementi noise.
Caronte, fiore all’occhiello del lavoro, è un toccante e continuo sviluppo di dinamica. Una scarna sezione d’archi (Burn The Witch, dei Radiohead torna alla memoria) si rende protagonista sul tema principale dall’inizio alla fine, facendo da pilastro di un arrangiamento che va a definirsi con il passare del minutaggio con elementi elettronici, acustici e orchestrali che sinuosi si inseriscono in un dialogo musicale trascinante.
Trascinante è, di fatto, l’aggettivo che meglio riesce a definire “LP5”. Apparat, con il suo nuovo lavoro, alza vertiginosamente l’asticella riuscendo a dar vita a musicalità non solo estremamente ricercate e sperimentali ma, soprattutto, nel loro complesso toccanti, capaci di proiettare l’ascoltatore in un universo musicale dove richiudersi dedicandosi alla riflessione, alla ricerca di se stessi.
Un album vario, estremamente colorato ed eclettico ma, soprattutto, coraggioso. Coraggioso in quanto riesce a fondere, in se, numerosi piani musicali inglobandoli perfettamente in un percorso unitario, ricco di personalità e naturalezza. Coraggioso in quanto tenta, fin dalle prime battute, di ricondurci a noi stessi, alla nostra dimensione più intima. Tenta di farci entrare in quel macrocosmo interiore che troppo spesso ci lasciamo alle spalle, totalmente privi del coraggio necessario per affrontarne le turbolenze, i colori, le luci e le ombre.
Ecco la Tracklist di LP5 di Apparat:
01. Voi_Do
02. Dawan
03. Laminar Flow
04. Heroist
05. Means Of Entry
06. Brandenburg
07. Caronte
08. EQ_Break
09. Outlier
10. In Gravitas
