Ore 20:30, superati i numerosi cordoni di sicurezza predisposti dall’organizzazione dell’Auditorium, ci si ritrova all’interno dell’accogliente anticamera presente all’ingresso della Cavea. Dopo un breve stop al bar per prendere una birra rinfrescante si prende, senza esitazione, posto sotto al palco. La Cavea, ancora mezza vuota, si mostra subito come una location particolare, a tratti suggestiva. Un luogo che sembra dare, fin da subito, un forte senso di “intimità”. Un parterre di piccole dimensioni, degli spalti che abbracciano l’intero semicerchio e un palco estremamente vicino danno quasi l’idea di un live di piccole dimensioni, a caratura famigliare, scevro di quel fastidioso senso di profonda lontananza tra pubblico e musicista (tanto criticato dai Pink Floyd in “The Wall”).
Sembra, invece, il luogo ideale per far conciliare, finalmente, il pubblico appassionato di una così bella forma d’arte con coloro che ne sono i grandi protagonisti, coloro che nella musica mettono cuore e anima: i musicisti. Un luogo dove, finalmente, la musica ha lo spazio e il tempo per tornare a essere protagonista emotiva e non solo proiezione artistica di apparentemente inarrivabili e alieni showman.
La Scozia, in questa dimensione intima, diviene per questa serata grande protagonista trasferendosi (in un evento dalla formula unica) per quattro ore all’interno della Cavea dell’Auditorium Parco della Muisca, sotto l’egida del Roma Summer Fest. A portarne alto lo stendardo sono due band che potremmo tranquillamente posizionare agli antipodi in quanto a generi musicali trattati.
Da un lato, direttamente da Glasgow, abbiamo i Mogwai e la loro musica sperimentale, riflessiva, ambientale e dal forte impatto emotivo. Dall’altro, invece, ci ritroviamo a tu per tu con il frizzante e trascinante Brit pop dei Franz Ferdinand.
Ore 21:00, dopo gli ultimi accorgimenti le luci calano e i Mogwai si presentano sul palco. L’apertura della serata è affidata al pezzo Kids will be skeleton che, con la sua formula ripetitiva e il suo crescendo costante, ci conduce all’interno di atmosfere sognanti ed eteree, perfetta colonna sonora dell’imbrunire che, lentamente, porta la sera a sostituire il giorno.
L’esibizione dei Mogwai, per quanto breve, è dotata di un’intensità sensazionale. Il crescendo graduale di Coolverine, gestito da una batteria decisa e costante e da raffinate intelaiature strumentali, si fa poi seguire dalla “sintetica” Remurdered.
Con Party in The Dark l’intera Cavea si ritrova assorbita nell’atmosfera pop/rock tipica degli anni 80 perdendosi dietro alla voce super riverberata di Stuart Braithwaite e a un muro di strumentale non indifferente. Deesh ci riporta ancora una volta ai suoni elettronici di Rave Tapes proiettando l’auditorium in un ambiente sonoro dal taglio dark e ansiogeno. Old Poison, a seguire, regala una botta di energia e potenza chitarristica fino a quel momento lasciata da parte in favore di atmosfere ben più dolci.
In conclusione, Mogwai Fear Satan, regala uno dei momenti più emotivi della serata. Il lento discendere della dinamica, protratto per almeno due minuti, è magistrale e rende la seguente improvvisa esplosione ancora più coinvolgente e trascinante. Il senso, chiaro, è quello di spaesamento totale. Le atmosfere eteree, esasperanti e rarefatte della band di Glasgow sono state in grado di regalare, in soli sessanta minuti, una vasta gamma di sensazioni ed emozioni grazie alla perfetta esecuzione, a un comparto fonico difficile da criticare e a una scenografia/impianto luci non eccessiva ma perfetta nel creare il giusto ambiente. Quello propinato dei Mogwai è considerabile, a tutti gli effetti, un vero e proprio viaggio onirico ad occhi aperti. Esperienza che solo una band di quel calibro piò fornire.
Sono le 22:00, i Mogwai scendono dal palco dopo un breve saluto lasciando spazio a un team di tecnici che nel giro di trenta minuti ha il dovere di “smontare” la scenografia presente e l’impianto strumentale per sostituirlo con quello dei Franz Ferdinand.
I trenta minuti di attesa, per quanto interminabili, sono stati utili a resettare ogni sensazione derivante dalla precedente esibizione. Di fatto l’accoppiata musicale è alquanto estemporanea. Come possono due band così diverse tra di loro conciliarsi su un medesimo palco senza eccessivamente cozzare l’una con l’altra? Può essere mai possibile?
La risposta arriva dopo circa mezz’ora, i Franz salgono sul palco. Per ultimo prende posto l’inconfondibile front man della band, Alex Caprano. Pochi secondi e già è chiaro cosa aspettarsi dalla loro esibizione. Lo stile fresco e frizzante dei Franz Ferdinand pervade subito l’intera Cavea, l’energia e la presenza scenica di Caprano sono un valore aggiunto imprescindibile (come anche le astruse camicette in stile retrò portate da 4/5 di band).
L’apertura, affidata a Glimps of Love, ci porta subito in un’atmosfera mista a disco anni 80 e musica funky ove, chiunque, non poteva in alcun modo resistere alla voglia di danzare su ritmi così coinvolgenti. Proprio questa sarà la particolarità dell’esibizione dei Franz, in grado di rendere la Cavea una discoteca all’aperto dove la notte diviene un suggestivo abbraccio musicato da sonorità frizzanti, ballabili, raffinate e, allo stesso tempo, spigolosamente roccheggianti (commistione dovuta alla scaletta, formata da un miscellaneo di grandi classici e pezzi tratti dal loro ultimo lavoro, Always Ascending).
A seguire Glimps of Love arriva l’irresistibile e ammiccante No you girl, seguita da The Dark of Matiné. Dopo Pepper Cages e Lois Lane si torna, con Walk Away ad atmosfere vintage, quasi da “saloon country”. Ci pensapoi Lazy Boy a condurci nuovamente in un ambiente ove l’elettronica e i ritmi da discoteca anni 80 si fondono con le movenze del funky e il taglio spigoloso del rock.
Immancabili, ovviamente, le acclamatissime e richiestissime Love Illumination, Take me Out e Ulysses, eseguite l’una dopo l’altra e tutte di un soffio.
All’inizio del bis, poi, la Cavea si trasforma in una vera e propria discoteca grazie alla coinvolgente e ballabile Always Ascending, seguita poi da Michael e Feel the love go.
La chiusura è affidata a un altro grande classico, This Fire. Il pezzo, trascinato per quasi un quarto d’ora tra interventi di chitarra, batteria, continui sali e scendi di dinamica e interazioni tra Alex e il pubblico, regala all’intera Cavea una conclusione in pompa magna a un’esibizione contraddistinta da coinvolgimento, movimento ed energia come poche ne ho mai viste.
Si riaccendono le luci, il pubblico defluisce verso l’uscita. La sensazione finale è strana, di leggero spaesamento. L’esperienza è stata estremamente coinvolgente e intensa anche se su piani diametralmente diversi. Forse, però, è proprio questo a dare quella sensazione di spaesamento. Tanto i Mogwai quanto i Franz Ferdinand si sono resi protagonisti di un’esibizione di grandissimo livello, supportati da una location ottima e da un ottimo impianto fonico che è riuscito rendere chiara e di effetto ogni singola esecuzione.
Da un lato l’esplosività trascendentale dei Mogwai, dall’altro la freschezza, la frizzantezza e la raffinatezza tipica dei Franz Ferdinand. Un connubio coraggioso ma, allo stesso tempo, musicalmente eccezionale. Proprio nella grande capacità di produrre una musica in grado di assorbire e coinvolgere il pubblico risiede la grandezza di queste due band, grandezza che le rende conciliabili nonostante la grande differenza di stile. La Scozia, per una serata, si è resa protagonista indiscussa dell’estate romana fornendoci un’esperienza veramente irripetibile.
Lorenzo Natali
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