Lena A.: recensione di Nuove Stanze

di Raffaele Calvanese

Nuove stanze, uscito per UMA Records, è l’album di debutto di Lena A.

Alessandra Nazzaro, questo il vero nome della cantautrice partenopea, è una delle voci e delle penne più interessanti uscite di recente dal prolifico scenario campano. Il suo album di debutto si allinea alla produzione nazionale di artiste come Emma Nolde e Laila Al Habash. Una nuova leva cantautoriale che impone, finalmente, delle pregevoli artiste su un panorama musicale spesso a senso unico.

L’album, prodotto da Giovanni Carnazza, uscito per l’etichetta indipendente UMA Records, con distribuzione Sony Music Italy. Accompagnati da una veste elettronica Lena A ci conduce all’interno di stanze nuove, ma allo stesso tempo antiche. Si, perché quelle che la cantautrice ci racconta sono emozioni vive, che ognuno di noi si porta dentro.

Lena A.

Relazioni precarie, processi di crescita, consapevolezza di sé, tutto questo condito da una voce profonda che sa muoversi sinuosa all’interno di liriche non banali e arrangiamenti che sanno spaziare dalla ballata alle ritmiche più tirate.

Non sono Roma, Adesso Cera e Granada sono tre splendidi esempi delle potenzialità di questa artista che, come lei stessa dice nella sua biografia: scrive suona e canta da quando ha memoria.

La memoria appunto è una componente importante di questo disco, si affaccia in ogni brano, a volte più forte altre solo allusa, ma resta l’impronta di una scrittura che pesca nel torbido di ognuno di noi per provare a dare un senso alle esperienze che dal quotidiano sanno diventare universali. Questa scrittura però non deve far pensare ad un album complicato, tutt’altro, i brani sanno trovare una chiave e un ritornello capaci di restare subito nella mente dell’ascoltatore.

In questo senso il disco di Lena A. è profondamente pop, capace di vivere nel suo tempo e di confrontarsi con le migliori produzioni nostrane, forte di una produzione puntuale e canzoni che restano attaccate come colla.

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