C’è stato un film, nel 2017, che ha saputo riportare la fiaba all’Academy: The Shape of Water, ennesimo capolavoro di Guillermo del Toro, musicato da Alexandre Desplat.
A molti non è piaciuto, il fiabesco film del regista messicano, già avvezzo alle tematiche d’oltremondo avendo già girato film quali l’oscuro Labirinto del Fauno ed i due film sull’antieroe dai fumetti di Mike Mignola, Hellboy. L’arte di Del Toro è indissolubilmente legata al filone granguignolesco: sangue, violenza, scene cruente ma anche momenti di altissima poesia e lirismo. Regista capace di circondarsi di grandissimi collaboratori, quali gli sceneggiatori Chuch Hogan, Wayne Barlowe e gli scenografi Premi Oscar Eugenio Caballero e Pilar Revuelta, è stato in grado di trasporre su schermo le fiabe come sono state concepite agli albori della civiltà, grattando via con le unghie l’aura disneyana che le storie di fantasia che vengono narrate dal ventesimo secolo, vuoi o non vuoi, purtroppo, hanno.
Eppure, anche Del Toro sa far sognare, oltre che terrorizzare (chi non è rimasto sconvolto dal mostro cieco del Labirinto del Fauno?), e ce lo ha mostrato con estrema maestria proprio ne La Forma dell’Acqua, che è oggetto del nostro secondo episodio di Fra Note e Popcorn.
Guerra Fredda, anni ’50, una base di ricerca americana segretissima. Laboratori, scienziati incamiciati, ma purtroppo segreti militari ed eccessive ingerenze dell’esercito. Elisa Esposito è una donna delle pulizie, muta, ma ha saputo creare attorno a sé affetti molti più veri di chi in realtà sa gridare: ha il suo amico, un pittore amante dei gatti, Giles, e Zelda, una sua collega. Elisa lavora di notte. Si sveglia a mezzanotte, il suo turno inizia all’una e finisce in mattinata. Elisa al mattino bolle le sue uova e si fa un bagno. Le gocce di pioggia scendono lente e si inseguono sui vetri del tram, ed Elisa le segue con le dita. La sua vita tranquilla, che fluisce come l’acqua in un grande e lento fiume del Sud America, viene però, lentamente, sconvolta, dalla conoscenza di una creatura anfibia ed umanoide, incredibilmente intelligente e, a suo modo, affascinante, catturata proprio dai militari americani ed al centro di una battaglia silenziosa con gli omologhi russi. Fra i due nascerà una storia d’amore, reale e credibile, pur nella finzione narrativa e nell’improbabile biologica possibilità che tale creatura esista.
Del Toro ha voluto, come principale compositore della colonna sonora del suo film, Alexandre Desplat, francese. Classe ’61, si era già fatto apprezzare per la colonna sonora (unica cosa buona del film, oltre alle splendide location non merito di Garrone) del fantasy italiano Il Racconto dei Racconti, la cui atmosfera è effettivamente simile alla poetica di Del Toro, e innumerevoli altre, che gli sono valse ben 9 candidature all’Oscar, di cui una vittoria con Grand Budapest Hotel di Wes Anderson del 2014: più di Ennio Morricone. Veterano dietro agli spartiti, Alexandre Desplat fece il suo ingresso ad Hollywood in contemporanea di Scarlet Johansson, nel glorificato film La ragazza con l’orecchino di perla. Amante del minimalismo, è un autore che preferisce togliere note che aggiungerne; La ragazza con l’orecchino di perla è un film fatto di silenzi significativi, The Tree of Life di Terrence Malick è maestoso come la vita stessa, così come La Forma dell’Acqua è scrosciante come un torrente di montagna. Asserisce, infatti, che prima di comporre, studia la sceneggiatura e cerca di far sì che le note principali fluiscano da sé, perché proprie dell’anima del film che è stato chiamato a rifinire; lui si limita a trasformare in musica un’entità che già esiste.
Il tema portante della colonna sonora della Forma dell’Acqua è animato da una delicata arpa di sottofondo ed un sognante canto di flauti, armonica di vetro e violini filtrati come se, appunto, si trovassero sott’acqua. L’effetto finale è come il ricordo di un sogno, quel sapore che ci si ritrova in bocca dopo aver immaginato il grande amore, ma solo per una notte. Si aggiunge poi una fisarmonica a bocca, che riprende il tema dei flauti, e pare di trovarsi in un vivido quadro di Van Gogh. La notte stellata è servita.
La prima apparizione della creatura è segnata dalla traccia chiamata, appunto, The Creature. Un altro dei temi portanti, che, con accordi diminuiti ed archi, crea una sorta di agitazione nell’uditore; il senso di mistero è acuito dai flauti. Il più delicato e caratteristico è però Elisa’s Theme, che riprende lo stile di The Shape of Water, con la fisarmonica ed i flauti fiabeschi: Elisa è come una ninfa, ed i flauti sono suonati da satiri danzanti. La dolcezza e la forza del personaggio interpetato da Sally Hawkins sono tutte qui: una sognatrice calata nella realtà del mondo, ma che ha ancora la voglia di immaginare storie che forse, un futuro, avverranno.
Se i temi che caratterizzano la protagonista sono scintillanti e rilassanti come un ruscello in pianura, quelli della Creatura composti da Alexandre Desplat sono angoscianti. Accordi diminuiti ed un elevato uso di archi e piano low key: l’oscurità del fondo del Rio delle Amazzoni da cui il semidio proviene. Fingers è un’ottima rappresentazione di un mondo arcaico, in cui gli umani ancora non peccavano di tracotanza. Spy Meeting è invece un’operetta dark d’altri tempi in tubular bells, che spezza i sentimenti a cui Alexandre Desplat ci ha finora abituato.
Elisa e Zelda riprende il tema principale, alleggerendolo e distorcendolo, con gli effetti elettronici caratteristici; Five Star General, introduce, invece, il male che i militari rappresentano nella pellicola. Traccia low key, maestosa, misteriosa, archi sincopati ed effetti elettronici a dare il canto. Ci sono degli intrusi ad Atlantide, verrebbe da pensare. The Silence of Love è la soundtrack dei momenti che i due protagonisti hanno impiegato per innamorarsi: scambi di uova, insegnamenti impartiti l’un l’altro, musica, silenzi mai forzati quanto necessari, leggeri scrosciar d’acqua, ed il senso del proibito che rende ogni colore più acceso. Ed è una sintesi del tema portante.
Egg è, invece, simile stilisticamente a Five Star General, e ne fonde l’oscurità con il romanticismo del tema portante: un amore minacciato dagli eventi, più grandi e potenti degli innamorati stessi. C’è un forte pathòs, un senso d’urgenza, fornito daglli archi improvvisamente acuti. La narrazione diviene chiara con It Isn’t Good: come può questo amore funzionare? Minimal, solo archi e pianoforte.
Underwater kiss riprende il romanticissimo tema iniziale, rallentato, quasi in una variazione jazz, genere musicale predominante del periodo in cui il film è ambientato; vengono aggiunte campanelle e leggerissime variazioni alla melodia suonata dalla fisarmonica.
The Escape è una suite sontuosa, che descrive una delle scene portanti della pellicola. L’inizio è drammatico, minaccioso: archi oscuri e fisarmonica non più ariosa ed acuta, ma oscura. Un’arpa scandisce il tempo come una goccia che cade, sempre più velocemente, mentre ad essa si somma un piano interrogativo, ripreso da tromboni e corni francesi. Le acque placide di un lago sono increspate da un male esterno e gigantesco, intangibile, ma che ha degli agenti ben delineati e concreti. Un’improvvisa esplosione di flauti e fiati si ha a metà brano: la suspance sale sempre più. Si aggiungono poi percussioni, per la prima volta nella colonna sonora: un flauto barocco mozartiano aumenta il pathòs come un grido silenzioso, di chi non vuole farsi scoprire dal mostro ed è terrorizzato. L’ending è in crescendo, come Alexandre Desplat ci ha abituato.
Seguono poi la romanticissima Watching Ruth, in cui il tema principale è interpreato solamente da archi; la bella Decency, che trasmette un senso di pudore infantile, con l’arpa delicatissima, che rappresenta idealmente il candore della protagonista, in cui avviene un’intromissione militare: tale appunto è il ritmo dei tamburi in lontananza. He’s Coming for You ricorda lo stile delle colonne sonore di classici come Godzilla ed Il mostro della laguna nera, cui Del Toro si è chiaramente ispirato.
Overflow of Love, è, appunto, un’esplosione d’amore. Un’intenso pezzo al pianoforte, jazz al punto giusto, che riprende il tema fondamentale di The Shape of Water e ne fa fontanelle d’acqua danzanti: incantevole. L’atmosfera è la stessa in Without You, un melanconico inno all’amore impossibile ed improbabile, eppure realizzato, come avviene nel film.
La tragica Rainy Day dipinge uno dei momenti finali (e più drammatici) dell’intera pellicola. L’acqua, stavolta, non è amichevole, non è veicolo d’amore, ma è minaccia. Archi e piano sono dissonanti; la sensazione che ci sia qualcosa di sbagliato è quasi fisica.
A Princess Without Voice è, invece, la summa intera del film. L’epilogo, sia musicale che d’immagini. Il tema portante è al pianoforte, fortemente rallentato, come se si suonasse sott’acqua. Gli effetti elettronici si fanno rarefatti, distanti. Elise, Ariel moderna, non ha venduto la sua voce per l’amore di un uomo: non l’ha mai avuta e per trovare l’amore non ne ha avuto affatto bisogno.
È proprio in questo il ribaltamento dell’opera disneyana che Del Toro opera: ed ecco che l’amore fra due specie diverse, fra un semidio ed una donna delle pulizie umana, si fa possibile. Alexandre Desplat ci ha mostrato ancora come sia uno dei migliori (se non il migliore) compositore attualmente in circolazione, in originalità stilistica e grande adattabilità alla materia che gli viene sottoposta. Per aumentare ancor di più il senso di fiaba moderna, sono stati incusi anche molti classici jazz nella soundtrack: la Javainese, You’ll Never Know (che Elise immagina di cantare al suo amato semidio acquatico), A Summer Place, tutte in arrangiamenti da parte di Alexandre Desplat stesso.
Il compositore francese ha dunque messo in musica una storia d’amore felice e difficile, impossibile, attraverso una struttura minimalista e mai eccessiva. La musica è funzionale alla storia narrata, la arricchisce, la rende eterna. Perché l’amore, se è vero e sincero, è eterno e trascende il tempo, la scienza, i silenzi.
Giulia Della Pelle
