Home Interviste La “Fame” di Federica G. è rinascita – INTERVISTA

La “Fame” di Federica G. è rinascita – INTERVISTA

by Alessia Andreon
Federica G

“Fame” è il primo concept album di Federica G., ventenne cantante maceratese trasferitasi nel 2022 a Padova per studio, che esplora il tema dei disturbi alimentari, in particolare l’anoressia, e il percorso di cura e rinascita che ha affrontato in prima persona.

Come ci racconta nell’intervista, il titolo può essere letto in italiano come “Fame” (intesa come desiderio o necessità di cibo) e anche in inglese come “Fame” (che significa “fama”), quindi ha una doppia valenza. Da una parte fa riferimento alla lotta contro i disturbi alimentari e alla sensazione di fame che ne deriva, dall’altra sottolinea il desiderio di riscatto e di riconoscimento dopo aver vissuto un periodo difficile della vita.

Le tracce riflettono le tappe principali del percorso che Federica G. ha affrontato e raccontano la storia di ripresa della cantante anche grazie alla musica, iniziando da brani con ritmi angoscianti, agli sfoghi di rabbia espressa nelle rime di un rap denso, all’incertezza e alle riflessioni amare sui motivi che conducono tanti ad avere un brutto rapporto con i canoni imposti dalla società e quindi con sé stessi, fino alla dimissioni dal centro di cura, e offrono una visione personale e profonda delle esperienze legate al disturbo alimentare, mostrando la lotta per la guarigione e la speranza di una nuova vita.

Il coraggio di Federica è quello di raccontare, senza edulcorare il viaggio, un percorso duro, dal quale non sempre si esce vittoriosi, e di farlo soprattutto per chi, come lei, soffre dello stesso disturbo alimentare, offrendo un incoraggiamento a chi ancora sta affrontando questo percorso.

INTERVISTA

Il titolo “Fame” ha un doppio significato (“fama” in inglese), è un disco di rinascita e anche un po’ di rivincita….

Esatto, richiama sia la “fame” fisica legata alla malattia che la “fama”, simbolo di riscatto dopo aver vissuto questa difficile esperienza.

Il mio intento era raccontare che cosa significa convivere con un disturbo alimentare e quindi, attraverso i brani, ho cercato di portare sei sfaccettature del percorso di cura di un disturbo alimentare: dalla fase più buia, in cui sembra impossibile uscirne, fino a alla fase finale, in cui effettivamente mi rendo conto che ce l’ho fatta.

L’album è un messaggio di speranza, ovvero che è possibile guarire.

Le tracce seguono l’ordine cronologico che riflette le tappe principali del tuo percorso di cura. Che emozioni ti suscita ripercorrere queste tappe ad ogni canzone?

È difficile spiegarlo perché ovviamente mi rievocano gli stessi sentimenti, anche se, nel momento in cui le ho prodotte e arrangiate in studio hanno cambiato aspetto.

Il testo è rimasto quello. Ho tenuto particolarmente a non apportare modifiche, perché volevo che la base rimanesse quella, però il mio modo di cantarle è cambiato e questo riflette una mia maggiore consapevolezza di quello che ho vissuto; però è comunque sempre estremamente emozionante reinterpretarle.

Il tuo concept album nasce parallelamente o è venuto dopo?

Le ho scritte mentre vivevo il percorso. Effettivamente è stato molto complicato, però, allo stesso tempo, è stato anche terapeutico, perché la musica per me è sempre stata un canale in più, uno strumento, che mi permetteva di comunicare con gli altri anche quello che, difficilmente, riuscivo a dire a parole.

“Solo numeri” parla anche di come è difficile, per i familiari, stare accanto ad una persona che manifesta problemi alimentari. Chi o cosa ti ha dato la forza in quel periodo? Che musica ascoltavi?

Ascoltavo moltissimo rap, insomma musica abbastanza aggressiva, poco melodica…

Spero che oltre a sentirsi un po’ rincuorato, chi ascolta trovi la forza di chiedere aiuto, che è il primo passo per uscirne.

Mi hai ricordato il Rancore in qualche canzone…

Sì, ho ascoltato qualcosa di Rancore, però principalmente ascoltavo Lolo, oppure i primi lavori di Ultimo, in particolare il primo album, dove c’era molto spazio per il parlato.

In “Sbarre” c’è una frase che mi ha colpito “noi che siamo del mondo l’effetto collaterale”. Trovi che parlare di questi argomenti, anche nelle canzoni, sia importante per aiutare gli altri?

Sicuramente quella frase rifletteva il mio punto di vista del tempo, che adesso è un pochino cambiato, ero molto più pessimista prima…

Vedevo me e chi soffriva come me, come un uno scarto della società, come fossimo un intralcio negli ingranaggi di una qualche macchina più grande.

“Sbarre” è una delle canzoni più emozionanti da cantare, soprattutto live, proprio perché mi rendo conto che certe cose che ho scritto, effettivamente, hanno un certo impatto anche sull’ascoltatore.

È molto difficile parlare di me, però lo faccio perché so che può avere un risvolto positivo.

Se penso a quando stavo male, c’erano dei momenti in cui pensavo che non ne sarei mai venuta fuori, però, sentire le storie di qualcuno che, invece, ce l’aveva fatta mi ha dato una grossa mano.

Questo album comunque riflette il passato perché fortunatamente ne sei uscita. Adesso stai scrivendo qualcosa altro?

Sì, però è ancora in cantiere…

Adesso inizierà la promozione di questo album. Hai già in programma qualcosa?

Mi esibirò in qualche radio Padovana e poi ho un paio di date nelle Marche, che mirano a promuovere la cultura della solidarietà.

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