Al Teatro Augusteo di Napoli, da venerdì 5 a domenica 7 ottobre, andrà in scena lo spettacolo teatrale “1861 – La brutale verità”. Un viaggio nella storia reale, spesso dimenticata e preclusa.
L’analisi e la propagazione della verità storica sono da sempre gli elementi principali per il riscatto del Sud e dei sui popoli. Parlare, interagire, mostrare sono le vie più efficaci per il raggiungimento di tale scopo. In questo caso specifico una pubblicazione può diventare sostanza indispensabile per la messa in scena di uno spettacolo creato ad arte per dare voce al racconto di ciò che è stato e di ciò che è bene ricordare. Il libro di Michele Carilli, “1981 – La brutale verità”, è diventato un recital musicale e teatrale dove, attraverso parti recitate e cantate, si ripercorrerà la storia del drammatico periodo pre e post unitario, dalle condizioni economiche del Regno delle Due Sicilie alla spedizione dei Mille, dal brigantaggio alla drammatica repressione attuata dal Regno d’Italia appena sorto.
Portare in scena “la brutale verità” di una storia così importante ai fini della contemporaneità, raccontata con parole e musica, nella forma del teatro-canzone, avrà modo di affascinare e colpire emotivamente il pubblico, creando immediatamente una sorta di bolla partecipativa e consapevole, con l’obiettivo di scuotere le coscienze in un intenso ed unico atto di 80 minuti. Un’idea di indubbia forza e genialità quella architettata dello stesso Michele Carilli che, insieme a Lorenzo Praticò, ne cura la regia.
Sono trascorsi 157 anni da quando il Regno d’Italia venne alla luce, ma l’unità vera, quella fatta di culture e storie condivise, di vite e anime che si intrecciano, è ancora tutta da scoprire e da realizzare. Era l’alba del 17 marzo 1861 quando Massimo D’Azeglio ebbe il coraggio e la prontezza di affermare: “Abbiamo fatto l’Italia. Ora si tratta di fare gli italiani”, una frase attuale, che rimbomba ancora oggi continuamente, in un’Italia teatro di divisioni e contrasti regionali. Nell’arco degli anni, siamo stati testimoni di una Monarchia spesso inconcludente e incapace di prendere decisioni, siamo stati in ostaggio del nostro Stato durante il terribile ventennio fascista e nonostante l’avvento della Repubblica, il bisogno di costruire uno Stato realmente unitario, dalle Alpi alla Sicilia, facendo sentire il popolo partecipe di un unico progetto politico, è ancora vivo e vegeto, nello stesso modo in cui lo era nell’Italia giolittiana.
A quell’epoca vi era la necessità di nazionalizzare le masse e superare gli ostacoli di natura culturale e socioeconomica che marcava il territorio. La risposta a questa sfida è stata invece di tutt’altro segno. Nei primi dieci anni unitari, il nuovo Regno d’Italia impiegò nel Mezzogiorno una forza militare d’occupazione di circa cento mila soldati. La “lotta al brigantaggio” era la scusa, la menzogna che raccontavano e si raccontavano, ma che in realtà servì a domare una drammatica insurrezione delle masse popolari, procurando un evitabile e spaventoso numero di morti, con decine di paesi rasi al suolo.
E pensare che, proprio a cavallo del 1861, se non fosse stato per il problema, ancora oggi irrisolto, delle infrastrutture, poteva davvero essere il Regno delle due Sicilie la terza potenza mondiale, mentre gli imperi inglese, francese, ottomano, austroungarico, spagnolo e portoghese si contendevano il pianeta a colpi di colonizzazioni. Insomma, dopo la morte prematura di Cavour, il Sud venne trattato alla stregua di un territorio depresso e conquistato, dove le tensioni sociali vennero affrontate solo militarmente, con repressioni sanguinose e leggi speciali.
Eppure, le insorgenze popolari nell’Italia della seconda metà del XIX secolo, il cosiddetto “brigantaggio meridionale”, non erano altro che movimenti di resistenza sociale al modello autoritario sabaudo. Tali vicende non mettono certo in discussione il fondamentale valore dell’Unità Nazionale e la sua estrema necessità in un contesto storico particolare. Ma quello che preme raccontare sono i modi gestiti dai padri fondatori della patria, sempre messi sul piedistallo per il risultato ottenuto e mai per i mezzi utilizzati per ottenerlo. Una pagina di storia dolorosa, dissacrante e per questo motivo per molti necessitava di essere buttata via, doveva essere e rimanere una tragedia senza narrazione, una storia cruda che andava dimenticata e che non meritava di essere raccontata. Follia!
Con questo ovviamente non vogliamo screditare l’era risorgimentale, uno dei periodi più intensi della nostra storia moderna, ma è indispensabile vederla sotto un’altra luce, più obiettiva, senza raccontarla attraverso retoriche perbeniste e sgargianti, ma è importante che la si veda completa in tutte le sue pagine, anche quelle che non fanno onore al nostro paese. Ed in “1861 – La brutale verità” il pubblico avrà la possibilità di venire a conoscenza delle storie delle vittime di tale processo unitario, che rappresentano l’epicentro di vicende insabbiate, mai neppure lontanamente immaginate e che invece vennero inesorabilmente patite. Scopriremo anche che non c’è stata una progressiva unificazione del popolo, come si aspettavano gli storici dell’epoca, impegnati a dipingere la vicenda risorgimentale con figure eroiche, statue e monumenti eretti in loro onore.
Storie che riemergeranno dalla nebbiosa memoria e rivivranno sul palcoscenico, attraverso racconti e musiche dei Mattanza eseguite dalla cantante e attrice Marinella Rodà che interpreterà brani della tradizione popolare, come “Nebbia a la valle”, “Vitti na crozza”, e brani composti appositamente per la rappresentazione, come “Angelina” o “Nui”. In scena ci saranno anche gli attori Lorenzo Praticò e Gabriele Profazio, e i musicisti Mario Lo Cascio e Alessandro Calcaramo.
L’autore del lavoro teatrale narra fedelmente per l’appunto la brutale verità, la cronistoria post-unitaria in un viaggio nel passato reale, in un contesto dove interessi geopolitici eterogenei si concretizzarono nel discutibile operato di soggetti che gridavano una finta pace, ottenuta sventrando la libertà e la dignità dei popoli e consegnata ai vinti a caro prezzo.
Dunque, la rappresentazione “1861 – La brutale verità” riprodurrà, a più di 150 anni di distanza, la voglia di riscatto che passa attraverso la divulgazione dei fatti così come accaduti affinché le radici riemergano dall’oblio dove volutamente sono state collocate. Sappiamo poco o nulla su chi siamo stati prima dell’unificazione, una vicenda che ci è stata strappata volutamente dalla nostra memoria storica. Ritornare indietro di 150 anni, al sangue versato dai vinti, ci permetterà di capire l’oggi ed il domani, e molto probabilmente ci farà sentire parte integrante di quel processo storico, nonché orgogliosi e fieri di essere (anche) figli di quel prosperoso Regno delle Due Sicilie, che tanto ci ha dato e tanto ci ha levato.
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