Ricorre oggi l’anniversario della morte di Stanley Kubrick, che si spense a St Albans il 7 Marzo del 1999. Indiscusso genio del cinema, Kubrick viene ricordato per la sua invidiabile filmografia di capolavori. Ogni suo film ha segnato un’epoca e definito un genere, dando anche lo spaccato di una società priva di riferimenti e in totale crisi di identità. L’ispirazione di Kubrick ha tratto spunto dalla storia, dalla fantascienza, dalla letteratura, fino ai meandri più nascosti della contemporaneità.
Dopo aver esordito con prime pellicole di genere poliziesco quali Il bacio dell’assassino e Rapina a mano armata, Kubrick si cimentò in qualcosa di più profondo. La guerra si affaccia nei film del maestro con Orizzonti di gloria, sostenuto da un grande Kirk Douglas. La genialità sta nel rappresentare la guerra stessa senza mostrare il nemico. I soldati francesi, protagonisti del film, combattono contro un esercito tedesco che non appare mai in alcuna scena. Il vero nemico degli uomini non è quello indicato dai governi, dagli Imperi, dai Re. Gli uomini sono i veri nemici degli uomini. Il triste epilogo dei tre soldati francesi, condannati a morte dalla corte marziale, è l’emblema del pessimismo di Kubrick. Un’umanità destinata a odiarsi, un perpetuo homo homini lupus, retta da leggi che sostengono una giustizia solo apparente. Un’umanità in cui chi è al comando non ha la minima considerazione di chi è comandato. Memorabile, a tal proposito, il cinico commento del crudele generale di Mireau, in merito a quanti uomini fucilare per il fallimento di un attacco: “Io parlavo di almeno cento uomini e siamo scesi a dodici“. Numeri. Ecco cosa sono gli esseri umani per il generale Mireau. Ecco cos’è l’umanità per coloro che detengono il potere.
Ancora con l’ausilio fondamentale di Kirk Douglas, Kubrick continuò questo “ciclo dei vinti” dalla storia con Spartacus, emblematico personaggio della Roma Tardorepubblicana. Anche qui, i concetti di giustizia, libertà, umanità sono tutti demoliti dallo sguardo critico del compianto regista. Non esiste giustizia, non esiste libertà: il destino di Spartaco è anche il nostro, chiusi dai limiti di una società oppressiva e disumana.
Una disamina del mondo borghese, tutt’altro che positivo, è Lolita, trasposizione cinematografica del famoso romanzo di Nabokov. Ma è con Il Dottor Stranamore che Kubrick ci mostra tutto la sua incredulità. Attraverso una chiave quasi grottesca, il regista americano ci diceva che chi deve guidare il mondo non è assolutamente in grado di farlo: sicuri di voler affidare il destino dell’umanità nelle mani di queste persone? Una Guerra Fredda ridicolizzata così tanto da sembrare vera… La scena del “cowboy” che si getta a cavallo dell’ordigno nucleare, esultando col cappello in mano, è il simbolo straniante di un film e di un’epoca. Folle, divertente e spaventoso.
Con 2001: Odissea nello spazio, Kubrick raggiunge uno dei suoi punti massimi in carriera. Uno dei migliori film di fantascienza, capace di raccontare il passato più remoto e il futuro più nebuloso dell’umanità. Le origini della specie e i viaggi interstellari, fino a un ultimo inaspettato contatto con “Dio”. La scena iniziale delle scimmie spaventate di fronte all’enigmatico monolito ha fatto la storia del cinema e del pensiero. Dibattiti annosi hanno tentato di spiegare cosa rappresentasse, senza arrivare comunque a una soluzione univoca. La vita sull’astronave, scandita dalla musica di Wagner, raggiunge il momento di maggiore tensione nel confronto col minaccioso H.A.L. Sapiente acronimo a imitazione della nota compagnia I.B.M., di cui costituisce le tre lettere precedenti nell’alfabeto, H.A.L. è l’immagine prototipica della minacciosa tecnologia. Ispirata al mondo disegnato, tra i tanti, anche da Asimov, l’idea di un computer che agisce contro l’umanità ha fatto scuola: si pensi all’androide Ash di Alien o ai minacciosi robot della saga di Terminator.
Tratto dall’omonimo romanzo distopico di Anthony Burgess è Arancia Meccanica. Film piuttosto controverso del maestro, si tratta di un’opera complessa e spiazzante. Specchio disturbato di un possibile futuro immaginato negli anni Sessanta/Settanta, è un’opera forse non riuscita completamente a livello artistico. Tuttavia, non si può negare la portata culturale e di immagini fondamentali per diverse generazioni a seguire, spesso simbolo di adolescenze turbolente. La storia torna a interessare Kubrick con Barry Lindon, stavolta con un’opera più estroversa e meno intimista. Lo sguardo cupo sulla vita del protagonista e di chi lo circonda non manca. Tuttavia, qui il grande regista evita di interessarsi troppo alla moralizzazione del pubblico, quanto piuttosto a proporre un’opera bella esteticamente.
Di tutt’altro intento Shining. La leggendaria partecipazione di Jack Nicholson ha permesso a Kubrick di realizzare uno degli horror più belli e fondamentali della storia del cinema. Ispirato al romanzo del grande Stephen King, rappresenta uno dei punti di svolta del genere. “Sono il lupo cattivo” è diventata una frase cult, utilizzata più volte dopo l’uscita del film nei più svariati contesti, in omaggio all’opera di Kubrick. L’apertura del film, sostenuta dalla citazione del Dies Irae nella Sinfonia Fantastica di Berlioz, è un altro colpo di genio. L’inquietudine che monta durante il film, dall’incedere dell’instabilità di Nicholson alle spaventose apparizioni di fantasmi, sono solo alcuni degli elementi che hanno fatto la storia di questa pellicola. E quel finale aperto, con la fotografia in bianco e nero? La guerra e la contemporaneità tornano prepotentemente nel cinema di Kubrick con Full Metal Jacket. Diviso in due parti nette, la brutalità dell’addestramento e la brutalità della guerra sono i due punti di fuoco dell’analisi del grande regista. Da una parte, le iconiche figure di Palla di lardo e del Sergente Hartman, dall’altra Joker. Sullo sfondo la guerra in Vietnam. Un momento cardine della storia recente. Kubrick delinea un mondo ormai totalmente allo sbando, con un processo di decrescita dell’umanità rappresentato all’inizio e alla fine del film. La simbolica rasatura dei capelli dei militari, come i bambini dal barbiere, e l’esercito che canta Mickey Mouse davanti alle case bruciate dal napalm. Dove andremo a finire? Con Eyes Wide Shut, sofferta ultima opera, il mondo è definitivamente perduto. Anche i valori più tradizionali vengono soffocati dal disagio sociale. Ogni equilibrio è effimero, ogni resistenza vana. Kubrick verso la fine incrementa questa sua immagine desolata della vita e della contemporaneità. Anche il postumo A.I. – Intelligenza artificiale, realizzato da Steven Spielberg in omaggio al maestro, è lo specchio su un futuro prossimo. Tematiche ambientali, tecnologiche e familiari delineano una trama sconsolata, commovente e di totale disumanizzazione, fino a una definitiva estinzione.
E’ difficile sintetizzare in poche parole un lascito così importante come quello di Stanley Kubrick. La sua opera copre ambiti vasti da poter abbracciare rapidamente. Tuttavia, il sostrato della sua opera si presenta ai nostri occhi sempre con uno sfondo pessimista e disilluso. Non privo di un acume che oggi manca tanto…
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