Home Interviste Intervista agli AdoRiza, Carlo Valente: “La musica è contaminazione. La vita è contaminazione”

Intervista agli AdoRiza, Carlo Valente: “La musica è contaminazione. La vita è contaminazione”

by InsideMusic
adoriza

Abbiamo avuto il piacere di intervistare Carlo Valente, cantautore di Rieti arrivato con il suo album d’esordio nella cinquina del Tenco 2017 e ha vinto il premio Amnesty con la canzone Crociera Maraviglia. Oggi è uno dei membri del collettivo artistico AdoRiza.

AdoRiza è un collettivo artistico composto da sedici artisti provenienti da tutte le regioni d’Italia, usciti due anni fa dal laboratorio gratuito di alta formazione della Regione Lazio Officina Pasolini. Una nuova realtà culturale nata a Roma, al cui interno confluiscono varie figure artistiche che si occupano della realizzazione di concerti e spettacoli per promuovere a livello nazionale ed internazionale la cultura musicale italiana. Da qui anche la scelta del nome: Ado deriva dal greco ἄ δω che vuol dire cantare, risuonare, celebrare, cantando per l’appunto ρίζα, Riza la nostra radice, le nostre origini. Il primo progetto realizzato è Viaggio in Italia. Cantando le nostre radici.

Ciao Carlo, benvenuto su Inside Music. Tu sei un cantautore che ha l’arduo compito di raccontare la realtà senza filtri. Ci sono dei luoghi importanti che hanno contribuito alla nascita del tuo amore per la musica?

Il luogo più importante che ha contribuito alla nascita delle mie canzoni esiste e si chiama Fiamginano, il mio piccolo paese incastonato tra L’Aquila e Rieti, dove la montagna fa da padrone e la musica ha sempre un sapore diverso. In provincia i filtri non esistono, sono cresciuto tra le serrande dei bar e gli alberi di noci, dove il canto nasceva e nasce ancora spontaneo, per condividere un qualcosa o per colpa (merito) di qualche bicchiere di troppo. Nella provincia c’è la verità ed io, questa verità, cerco di portarla sempre sul palcoscenico.

Che cosa ti ha spinto a dire “si” al progetto AdoRiza?

E’ nato tutto dentro Officina Pasolini (laboratorio di alta formazione e hub culturale della Regione Lazio), una volta diplomati abbiamo formato questo collettivo che non è altro che una costola dell’Officina. Volevamo portare questo spettacolo in giro, quindi appena usciti non ci siamo persi di vista e abbiamo messo su questo progetto ambizioso che spero duri il più a lungo possibile. Ho detto di sì, perché alle cose belle devi dire sempre di sì, con tutti i problemi e le soddisfazioni che arriveranno in futuro.

Quali sono gli ideali, i valori e gli obiettivi del gruppo?

Credo che la condivisione sia il valore più importante; la maggior parte dei ragazzi del collettivo sono cantautori, quindi lupi solitari sostanzialmente, invece questo progetto nasce proprio da una fiammata, un’unione improvvisa, una fiducia reciproca che nel mondo della musica di oggi è difficile incontrare. L’obiettivo nostro è quello di portare il nostro spettacolo in tutta Italia e far conoscere ai nostri coetanei e alle nuove generazione la bellezza della Tradizione e le radici della nostra Memoria.

Come è nato lo spettacolo Viaggio in Italia e che ruolo hai?

E’ nato da un’idea di Tosca che ha voluto fortemente questo spettacolo, che parte da una ricerca di quasi un anno all’interno delle mura di Officina Pasolini. Una ricerca tra gli archivi del canto popolare, tra i suoni dei campi e le voci dei nostri nonni. Un percorso stimolante attraverso le canzoni che hanno traghettato la musica del passato a quella di oggi. Un viaggio unico, fatto di sentieri piccoli e insidiosi, che però nascondevano un tesoro dall’altra parte.

Nello spettacolo recuperate la tradizione attraverso la ri-esplorazione di suoni popolari. Questa è un’urgenza dettata dai tempi o cosa?

Urgenza, assolutamente. La Memoria va piano piano sgretolandosi, noi giovani abbiamo il dovere di mantenerla in vita attraverso spettacoli come questo e non solo.

Come sta rispondendo il pubblico?

Bene, il pubblico ci vuole bene e ci segue, stiamo crescendo e vogliamo che cresca sempre di più. Il pubblico viene inesorabilmente coinvolto e soprattutto tira fuori dalle persone quella nostalgia meravigliosa di un passato che probabilmente sta scomparendo o quantomeno è cambiato.

Il concerto-spettacolo ripercorre la storia e le storie di chi ha vissuto e cambiato la cultura della nostra Nazione. Secondo il tuo punto di vista che cosa è cambiato nella musica e nel modo di fare musica?

Fortunatamente è cambiato tutto. Con i suoi pro e i suoi contro ci troviamo in un mondo in cui la musica molte volte diviene sempre più sottofondo e la maggior parte di noi non sa concedersi un ascolto sano e costruttivo. Immagazziniamo così tanta musica oggi che la sappiamo dimenticarla in meno di mezzora, insomma la nostra memoria breve si riempie di cose che poi vanno a perdersi il giorno dopo. Siamo divoratori di musica senza senso e questo non va bene per niente. Noi siamo qui per regalarvi la bellezza dell’ascolto, la calma dei respiri tra una canzone e l’altra e il ricordo di un mondo che ci appartiene sempre meno.

Quanto è importante per te la contaminazione tra i vari generi musicali?

“Il meticcio”, “l’oriundo”, “la mescolanza” sono tutte parole meravigliose. La musica è contaminazione. La vita è contaminazione.

Come ti vedi tra 10 anni?

Con la chitarra in mano, a scrivere canzoni tra le mie montagne per me e per gli altri.

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