“Inesse”, secondo album di Erio. [RECENSIONE]

di InsideMusic

E’ uscito il 20 aprile “Inesse” il secondo album di Erio, per Kowloon e La Tempesta international.

Erio, è un giovane artista scoperto da La Tempesta e lanciato prima attraverso due 45 giri e poi con l’album d’esordio “Für El”, che esce il 6 novembre 2015. L’artista non è un improvvisato, come spesso accade nel mondo dell’R ‘n B,in cui basta avere flow e l’intonazione conta poco, Fabiano (vero nome di Erio) è uno che ha studiato canto lirico e linguaggio compositivo, insomma un “old school”.
Fatte le presentazioni arriviamo adesso ad “Inessa”, un disco nato da un ritiro nella capitale del Regno Unito subito dopo la fine del tour promozionale di Fur El, nel periodo in cui gli inglesi si apprestavano a ragionare sul loro destino in Europa, e sceglievano la Brexit. Tutto questo influsso, questo vai e vieni di anime allo sbaraglio, questo senso di appartenenza misto ad una voglia di ritorno alle origini monarchiche e solitarie, lo stare sempre “con un piede dentro e uno fuori” dalla collettività di quella gente, sembra che Erio lo abbia molto interiorizzato ed esposto nei suoi testi attraverso l’immagine dell’interiorità e dei suoi disagi, spesso sovrapponibili a quelli di una intera generazione. Ma quali sono queste ansie generazionali?
Gli eccessi, ampiamente descritti nella prima traccia “The biggest of hearts”, il non timore di morire quando si è giovani e presi dal delirio di onnipotenza da alcol e droghe durante rave e party, fa poi a pugni con quello che è il risveglio e gli affetti. “Chi troverà il mio corpo e lo riporterà ai miei cari? Chi lo farà?”, è questo il dilemma che attanaglia il protagonista di questo ritorno alla realtà. Gli amori mordi e fuggi ed internet, un’altra costante dell’ultimo decennio. Un binomio che ha determinato tanta variabilità, ha aperto le porte a una miriade di possibilità in più ma ha causato anche tanta instabilità. In un mondo regolato dalle Instastories dalla durata di ventiquattr’ore in cui poi ogni cosa perde le sue tracce, l’ombra più pressante resta l’ossessione del consumismo, del volere tutto e subito, anche in termini affettivi. Un panorama descritto bene da “Limerence” soprattutto nell’intro iniziale “Chez Maman (locale belga) era malvagio, ma da questo breve weekend cosa porterò con me? Non posso sopportare questa storia d’amore!”. Una parentesi amorosa invece che dalla durata di un weekend si allunga a ben dodici giorni, quella che cavalca lo stesso tema nella traccia numero sette Se’, i’m hungry. those twelve days still linger on”, così come il nono branoKill it! Kill it!” che parla di incontri occasionali e liberazione sessuale.
Altro tema che spesso viene ignorato, per demagogia o per paura di essere impopolari e vendere poco, ma molto avvezzo a questa generazione che arranca, è la depressione. Erio gli dedica un intero brano, “He glorious advance of the self-pitying queen”.
La canzone, che a prima vista sembra una canzone d’amore e di abbandono totale verso un’altra persona, si rivolge in realtà alle varie fasi di un episodio di depressione. Un brano diviso in tre parti rappresentando le tre fasi di questa avanzata gloriosa all’interno dell’autocommiserazione. La prima è morbida e quasi serena: la tristezza è appena arrivata e ci fa sentire speciali e nobili, quasi. La seconda è allucinata e astratta: è il momento in cui si tocca il fondo. La terza e ultima è movimentata, una sorta di rinascita, c’è un senso di attesa nell’aria. Non è un pieno ritorno alla normalità e tutte le parti musicali (e mentali) vanno continuamente fuori tempo. Si incastrano perfettamente, ma non sono più come prima o come il mondo e le sue regole ti dicono che dovrebbero essere!

Un album che per certi versi potrebbe sembrare un concept, in cui tante storie diverse sono legate dallo stesso filo comune, che non può non chiudersi con un brano The Church” che celebra il ritorno a casa – in Italia – che da sempre è il porto sicuro. “Troverò il mio nido?” ci si chiede spesso, per poi rendersi conto che la pace non è molto lontana da dove la si sta cercando.
Inesse” è una dedica a tutte le realtà interiori che vivono indipendentemente dal loro svilupparsi all’esterno. E’ anche un inno al contrasto terra di provenienza vs mondo, campagna vs metropoli, aspetto esteriore vs realtà psicologica. Le grafiche seguono questa bivalenza, l’esterno è austero e oscuro mentre l’interno è pop, colorato e ricco. Ogni mondo interiore è un pianeta a sé stante. Siamo tutti alieni quando ci confrontiamo con l’altro. I tre ”Erii” in copertina anticipano questa bizzarra ricchezza interiore, rappresentando le varie entità che un individuo nasconde in sé come tre distinti corpi. Gli sguardi dei tre sembrano invitare l’osservatore ad aprire il disco e scoprire la realtà che vi si cela.

A cura di Fabiana Criscuolo

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