I Verdena: le dieci canzoni più rappresentative

di InsideMusic
Stabilire quali siano i dieci brani più rappresentativi di una band prolifica come i Verdena, è impresa alquanto ardua.

Fin dal primo demotape datato 1997 fino ad arrivare al doppio album Endkadenz (Vol.1 e 2),  Alberto & Co. ci hanno abituati a una serie di piccoli capolavori, talmente unici nel proprio genere da rendere davvero difficile stilare una sorta di classifica.

Ma siccome le cose difficili ci piacciono molto, non rimane che “stenuare” in più, non essere più “anoidi” e usare il Gulliver, lasciando da parte il cuore. O il contrario? Solo i fans più accaniti dei Verdena avranno capito cos’ho scritto nelle ultime righe. Perchè? La risposta è assai semplice. Una delle caratteristiche primarie della band di Bergamo è proprio quella di aver coniato un linguaggio “fantastico”, partorito dalla penna geniale di un Alberto Ferrari che -da sempre- preferisce il suono al significato.

Pur dando ampio spazio alla musica, certi testi dei Verdena, loro malgrado sono vere e proprie poesie, con messaggi subliminali molto profondi.

Oltre ad aver sfornato una moltitudine di brani, la band si contraddistingue anche per aver ampliato la propria formazione in diversi periodi della loro carriera, che non ha mai subito momenti di buio.

Per tutti questi motivi messi insieme, per i Verdena, ci vorrebbero almeno 20 canzoni rappresentative, ma il gioco sta proprio nel saper sintetizzare e quindi: let’s try!

Il pubblico più mainstream conoscerà i Verdena soprattutto per i brani più noti, le hit di successo come Valvonauta, Viba, Luna, Canos, o Muori Delay.

Grazie a videoclip e rotazioni sulle più importanti emittenti televisive questi “singoloni” sono entrati nelle orecchie di molti, eppure le tracks più significative secondo il mio modesto parere sono ben altre.

Per poter spiegare il significato d’ogni brano bisognerebbe realmente creare una sezione a parte, in cui poter dividere i brani per categorie. I Verdena hanno infatti spesso cantato le “donne”. Come non ricordare Sara,Vera ed Angie? E se volessimo parlare di Nora ne Il suicidio del Samurai?

Allo stesso modo la band si è spesso avvalsa di citazioni cinematografiche e musicali che sarebbe importante analizzare con maggior attenzione e più spazio.

Le rose lesbiche di Nella Schiuma definiscono già dal demotape le caratteristiche principali dell’inconfondibile stile dei Verdena. L’inevitabile rimando ai Nirvana, presente anche in Fuxia (vero e proprio omaggio a Kurt Cobain), contiene invece una chiave già molto individuale a una cifra ben marcata.

Il primo omonimo cd contiene una serie di perle che sarebbe bene citare tutte, ma non essendo possibile mi limiterò a citare:

L’infinita gioia di Henry Bahus è di sicuro uno dei brani da annoverare tra quelli più significativi. Una track che è assoluta cifra stilistica dell’intera matrice da cui i Verdena prendono vita. Testo e musica si sposano regalando un intramontabile e prezioso evergreen.

Ultranoia è uno dei rarissimi esempi di grunge realmente riuscito in Italia. Chi la ascolta ancora nel 2018? Pelle d’oca assicurata. E grazie alla timbrica ruvida/metallica di Alberto anche qualche orgasmo.

Il secondo cd Solo un grande sasso definito il “cd psichedelico della band” (certo, prima di aver ascoltato i due Enkadenz), spara altre bombe musicali, come ad esempio 1000 giorni con Elide, un viaggio da cui non si esce più. Provare per credere.

Il Suicidio dei Samurai apre una parentesi musicale diversa per i Verdena. Di tutto l’album mi limito a citare Mina. Un mix di dolcezza e rabbia, una potenza musicale più unica che rara. Oltre a un arrangiamento raro da trovare nelle produzioni italiane, il brano si distingue per un testo che -più o meno volutamente- fa riferimento alla guerra, quindi a un tema sociale. Evento molto raro per una band come i Verdena, che, come anticipato in precedenza, prediligono la sperimentazione musicale senza soffermarsi troppo sui significati logico-razionali.

il suicidio dei samurai verdena

Requiem è un vero e proprio sogno, come appunto il nomen omen suggerisce. Impossibile non citare un brano del calibro di Non prendere l’acme, Eugenio. Una canzone mastodontica quanto il Godzilla che cita. Piena di rimandi alla cultura orientale, ma musicalmente più rock che mai. Come molti sapranno il titolo ricalca un celebre brano dei Pink Floyd eppure la canzone è assolutamente originale e poco ha a che vedere con una cover.

Il Gulliver è il brano più psichedelico ( oltre che considerevolmente di lunga durata) dell’album. Il rimando cinematografico ad Arancia Meccanica e alla sua lingua inventata, il Nadsat, lascia spazio dal punto di vista musicale a un rock che è più tipicamente vicino ai Led Zeppelin. Il testo di questa track è imperdibile e ricco di rimandi. Da arrovellarsi il cervello e godere di una potente masturbazione mentale.

Tra le peculiarità “verdeniane” esiste una ricca produzione di Ep, che, oltre a contenere il singolo del momento, hanno sempre incluso delle vere e proprie chicche tanto da non poter non citarne almeno una nell’elenco di quelle più rilevanti. Quale scegliere? Le tue ossa nell’altitudine. Una ballad ultraterrena. Sembra parlare di morte, ma è più viva che mai. Difficile spiegarne il significato a parole. E’ una canzone che va sentita e non soltanto con le orecchie.

A proposito di Ep, la ballad Morbida, da Miami Safari EPè quanto di più poetico possa esistere. In tempi duri come questi, rappresenta un cuscino di dolcezza su cui poggiare la testa garantendosi di rompersela.

Siamo arrivati a dieci? Ebbene, speriamo che la band di Bergamo sforni mille di questi album, perchè di loro non ci si stanca mai.

Dafne D’Angelo

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