Il 7 luglio si sono esibiti all’Ippodromo delle Capannelle nel contesto del Rock in Roma gli Haken, una delle band piΓΉ importanti del panorama prog attuale, con una scaletta ricca di brani dall’ultimo album, Vector.
Γ una serata ovviamente tremendamente afosa quella 7 luglio, e mano mano che scendo verso Sud (vivo ben lontano da lβIppodromo delle Capannelle) lβaria diventa piΓΉ calda, piΓΉ da fornace, piΓΉ umida: unβautoclave.
Il lato positivo dellβandar a vedere gli Haken β una delle band, se non LA band, piΓΉ influente degli ultimi dieci anni di prog β Γ¨ che in Italia sono ridicolmente poco noti. Sotto al palco piccolo del Rock in Roma siamo un centinaio, forse centocinquanta, appassionati. CiΓ² che stupisce maggiormente Γ¨ la demografia del pubblico: ciΓ² che si definisce, forse con un linguaggio non proprio aulico, βsagra della salsiccia nostrana poco stagionataβ, ossia preponderanza di diciottenni maschi. In Italia abbiamo un problema gravissimo: le donne che non ascoltano il metal; le poche che vedo accompagnano i fidanzati, abbigliate con improbabili magliette dei Metallica. E i trentenni, dove sono i trentenni? Che cosa stiamo facendo, di domenica sera?
Lasciando le elucubrazioni allβISTAT, ecco che i New Horizons, in apertura, propongono un prog molto tecnico con una grande componente vocale: il sestetto, infatti, sarΓ band dβapertura per tutte le date europee degli Haken, il che non puΓ² che portare prestigio.
Puntualissimi, alle dieci meno un quarto, gli Haken danno tracce della loro presenza sul palco. Lβouverture del Guglielmo Tell, di Gioacchino Rossini, ri-arrangiata in chiave prog eletrtonica, similmente a come fece Wendy Carlos per la colonna sonora di Arancia Meccanica.
Β Si comincia fortissimo con uno dei migliori brani dal nuovissimo Vector, album non accolto iper-positivamente dalla critica e forse lavorato unpoβ frettolosamente; se, perΓ², Clear, non aveva colpito se non per i rimandi neoclassici, in live, dopo lβouverture esplosiva, acquista decisamente un altro spessore come intro. Si balsa a The Good Doctor, in cui finalmente si puΓ² apprezzare la bravura tecnica della band (i cui componenti indossano tutti un maglione nero a maniche lunghe, si sa che in questa stagione di sera Γ¨ meglio coprirsi, fosse mai un colpo di vento) : Ross Jennings, il talentuosissimo vocalist, Richard Henschall alla prima chitarra, Charlie Griffiths alla seconda, Diego Tejeda alle tastiere e keytar, Conner Green al basso nove corde gigantesco, e il batterista Ray Hearne, in pantaloncini. E subito si notano alcune accortezze live, per la hit da Vector: la voce di Jennings Γ¨ molto piΓΉ alta della base, donando un tocco a lΓ Queen allβintero arrangiamento β che, forte delle tendenze avant-garde degli Haken, sposa bene in pieno la fruibilitΓ che un diverso set di suoni puΓ² offrire live.
Ad ogni modo, questa mattina, poco prima di mettermi a scrivere il report, ho scoperto che la mia gatta purtroppo ha gli acari. Il veterinario le ha prescritto un sapone a base di clorexidina, da applicare due volte al giorno. PerchΓ© vi sto dicendo ciΓ²? PerchΓ© probabilmente, se fra di voi cβΓ¨ qualche amante dei gatti, sicuramente si sarΓ sentito partecipe. Cosa che decisamente non si sentiva sotto al palco: lβimmobilitΓ regnava sovrana, cellulari alzati davanti alla faccia a riprendere il concerto e a fare le storie su Instagram, anche quando Puzzle Box, fra i brani piΓΉ noti della band, segue The Good Doctor: la lunga cavalcata dellβintro, in tempo dispari, Γ¨ accompagnata da Jennings che strepita sul palco β una grandissima tenuta scenica. In un mondo di musica eseguibile in maniera semplice ed automatica (almeno apparentemente), i chitarristi giocano continuamente con i pedali e il batterista Hearne fatica dietro le pelli per continuare a proporre lβoriginalitΓ che contraddistingue gli Haken.
Abbandoniamo Vector per lanciarci in The Mountain, terzo album della band e fra i piΓΉ apprezzati. Il bellissimo arpeggio di Diego introduce il core esplosivo del brano: In Memoriam, come annunciato da Jennings. Il brano che Γ¨, a livello di testo, fra i miei preferiti degli Haken, inglesi di nascita, e che sanno come ben giocare con la propria lingua:
So much left unspoken
Life leaving heartbroken
A sense of acceptance
One final repentanceRead these words upon my stone
In piam memoriam
Il capolavoro universalmente riconosciuto degli Haken Γ¨, perΓ², Affinity. Album dove melodia e tecnicismo si mescolano, e in cui una svolta fortemente sinfonica si Γ¨ avuta per il sestetto: Earthrise segue In Memoriam, e con originalitΓ attualizza lβAdult Oriented Rock degli anni β80 (morto con gli Asia); un refrain epico ed imponente, da metal opera, per il quale i progster piΓΉ accaniti si strappano i capelli a lutto. Ma per il quale io vado in brodo di giuggiole.
Il suono oscuro e pesante di Vector ritorna con A Cell Divides, e di nuovo la mitosi torna come tema in musica. Per chi non lo sapesse, lβintero Vector Γ¨ un album con un potente storytelling: un dottore pazzo, quello di The Good Doctor, una sorta di dottor Moureau del romanzo di H. G. Wells, trasforma uomini in blatte e viceversa. Il che Γ¨ solo unβallegoria per la solitudine dellβuomo e della relativitΓ del pensiero, argomento giΓ abbondantemente sviscerato da Evangelion. Sia il popolare anime che Vector sono basati sulla teoria del campo di psicologia, che ha come assunto iniziale proprio come il passato dellβosservatore possa influenzare i sentimenti che prova di fronte ad un campo fiorito. Finalmente lβaudience sembra scaldarsi, un minimo di pogo viene accennato.
It’s the beauty in the flaw
The grace of imperfection
Oh, oh
Now I’m twisted out of form
By unnatural selection
Oh, oh
Si prosegue con la Tooleggiante Pareidolia (il fenomeno per il quale si confondono elementi naturali per persone e volti: insomma, quando vediamo le facce nelle nuvole), da The Mountain, altro brano che il pubblico sembra apprezzare ben poco, proprio perchΓ© cavalcata melodica che molto deve al power metal. Lβassolo di keytar β decorato con teschietti β di Diego Γ¨ memorabile, cosΓ¬ come lβintermezzo latineggiante. Il fattore β Queen live Γ¨ fortissimo e decisamente azzeccato. Torniamo a Vector con la iper tecnica strumentale Nil By Mouth, in cui finalmente del pogo serio si scatena fra lo scarso (e giovanissimo) pubblico: un poβ di calore per i musicisti che si sforzano di fare eccelsamente il lavoro lavoro sul palco. Β Si ritorna alle sonoritΓ da metal opera che piacciono tanto alla scrivente β sΓ¬, adoro quelle aperture enormi, i ritornelli catchy raffinati, le fughe e le accelerazioni β con 1985, da Affinity, omaggio alle sonoritΓ di un tempo, per la quale Jennings indossa un paio di azzeccatissimi occhiali da sole fluo tamarrissimi.
Lβasso di picche Γ¨ perΓ² anche il culmine dello show: Cockroach King, da The Mountain, brano in assoluto piΓΉ teatrale e avant-garde; lunghissima e coinvolgente suite con intermezzi lounge e a-capella. Finalmente tutti cantano in coro per il grande classico degli Haken. Si prosegue coi classici con un brano da Visions, secondo album, ossia Shapeshifter, un tuffo nel prog metal che ha introdotto gli Haken fra i maestri del genere, scelto, a parer mio, proprio per lβepΓ²s che evoca. Il concerto si chiude apparentemente con Veil, lunga suite da Vector, dotata di un chorus trascinante ed un ampio spazio lasciato alle leziositΓ personali.
Il falso finale (a cui nessuno crede piΓΉ) finisce rapidissimamente, e dopo la presentazione di tutti i membri della band ad opera di Jennings, parte uno dei brani piΓΉ amati da Affinity: The Architect. Tastiere impazzite, suoni ben limati, improvvisi intermezzi, cambi di ritmo parossistici, il tutto con eleganza, per un quarto dβora di delizia e di grandissima musica. Lβeterna domanda Γ¨: The Architect o The Count of Tuscany dei Dream Theater?
Dicevate che il Rock in Roma non Γ¨ abbastanza Rock? Beh, i centocinquanta degli Haken potrebbero dissentire. Per un mondo musicale migliore, necessario Γ¨ far cultura musicale: necessario Γ¨ che si torni a dare dignitΓ β senza parlare di musica bella o musica brutta β a chi non si piega a emozioni e tematiche facilotte e immediate. A chi non ha sempre l’amore in bocca, a chi la droga magari la usa ma non la canta. A chi la musica vuole viverla davvero, e non subirla.
Di seguito la gallery dei New Horizons:
ph: Andrea Melaranci
