Home RubricheGioved-INDIE Gioved-INDIE: ospiti del giorno I Ministri “C’è una fortissima ansia che sta diventando la malattia del secolo, la nostra bestia nera, parlarne in pezzi così rock può essere terapeutico. Fidatevi”

Gioved-INDIE: ospiti del giorno I Ministri “C’è una fortissima ansia che sta diventando la malattia del secolo, la nostra bestia nera, parlarne in pezzi così rock può essere terapeutico. Fidatevi”

by InsideMusic

Nel caldo giovedì indipendente di questa giornata di quasi primavera, il quesito che ci poniamo e vi chiediamo è: quanto conta ancora la Fiducia? Di questo interrogativo I Ministri hanno prodotto dodici tracce, condensate in un album uscito per Woodworm il 9 marzo, una sorta di autoanalisi, che si sa meglio scrivere che andare dallo psicologo, sicuramente costa meno. Un album che parla di disagio generazionale, descrivendo il quadro di una società disorientata, sempre iperconnessa ma eternamente sola. Una generazione che affronta la paura di deludere le aspettative di quelle precedenti, sentendosi in difetto nel rinunciare ai modus vivendi di un decennio fa per inseguire le proprie attitudini e passioni che – al pari dell’evoluzione dei tempi – sono sicuramente cambiate. Una generazione – la nostra – la quale cerca di trovare la propria indipendenza nel mare nostrum dell’incertezza al grido di “Fidatevi”.
Scambiamo quattro chiacchiere con Francesco, penna ed anima di questi testi, specchio di una generazione allo sbando, o forse no.

Ciao Francesco, chitarrista e paroliere della band, domanda introduttiva generale alla rubrica: cos’è per te l’INDIE e cosa si mantiene ancora INDIPENDENTE?
Mi stai facendo la domanda del secolo,mi verrebbe da risponderti con cos’era un tempo l’indie, cioè tutta l’alternativa a qualcos’altro. Ora invece l’indie è diventato un fulcro centrale, almeno per molti, per la gente sotto i quarant’anni ad esempio, è qualcosa che – a sua volta – ha bisogno di una alternativa.

Ci stai dicendo che è il nuovo mainstream insomma?
Beh un po’ lo sta diventando. Calcutta è stato furbo in questo chiamando proprio così il suo album precedente. È un movimento che prima o poi doveva arrivare nella musica del nostro paese, era necessario un ricambio. È importante e bello che noi giovani stiamo prendendo possesso della musica italiana, ma facciamo in modo che ci sia una alternativa però al messaggio centrale. Per quanto ci siano tantissimi artisti indie, tutti bravissimi con prodotti validissimi, cerchiamo di tenere viva la diversità nella musica.
Per quanto riguarda invece il discorso dell’indipendenza questa è una cosa privata, molto personale in realtà. Sotto il profilo economico nessuno è indipendente da niente in qualche modo, ci sono delle trattative ogni volta, lavoriamo con altre strutture ma seguiamo tutto in prima persona, quindi sì siamo degli indipendenti. La verità è però che tu puoi esserlo davvero non soltanto dalle major, degli editori, quella è una scelta, ma devi riuscire ad esserlo dal pubblico, da quello che la gente si aspetta.

Quindi evitando le pressioni dei fans che sono sempre alla ricerca di nuovi prodotti da parte dei propri beniamini?
Il pubblico sono tante singole persone, e nessuna di loro ha colpa di nulla, il punto è che tu artista senti però la loro pressione, quella della casa discografica, del manager, ma devi riuscire a mantenerti indipendente da tutto ciò. Se sei un bambino di otto anni e disegni un qualcosa perchè ti piace farlo e poi lo mostri  ai tuoi genitori è un conto, diverso è se disegni una macchina perchè sai che a tuo padre piacciono le macchine e sarà contento di avere quel disegno.

In “Spettri”, terza traccia del nuovo, album recitate: “se mi intervistano cosa gli dico, che gli ho dato un braccio e mi sono tenuto un dito?”. Avete deciso cosa volete dirci o ci dobbiamo “Fidare” soltanto delle dodici tracce dell’album?
Eheheh, diciamo che quelle dovrebbero già bastare perchè la musica non ha bisogno di didascalie e io di parole nelle canzoni ce ne metto già tante, come avrai notato. Il riferimento a “Spettri” è molto personale, è una canzone molto intima che si affaccia sulle nostre nuove pratiche di vita, sia pratiche con gli smartphone, sia di ascolto. Anche le domande che mi hai fatto prima sono molto coerenti con questo concetto. Ricordo anche che quando l’ho scritto questo testo mi ricordasse tutto quello che abbiamo dato in questi anni alla comunicazione, a gmail, alla rete, ai nostri telefonini, che cosa ci ha lasciato? Ci ha lasciato il dito per scrollare sull’Iphone. Forse queste comodità non solo le stiamo pagando care, ma le stiamo pagando con pezzi di anima. Ovviamente “Spettri” non è un pezzo che parla di telefonini, ma è un escamotage per ricordare che tutte le nostre pratiche come ad esempio i social influenzano tutti i nostri rapporti.

Questa rubrica nasce per parlare dell’indipendenza a trecentosessanta gradi. Voi avete lasciato la Universal per produrre da indipendenti “Cultura generale”, un album oserei dire quasi essenziale, ma ricco di anima, quella che solo la registrazione in presa diretta riesce a darti. Come nasce la scelta di lasciare gli agi di una major?
Quella è stata proprio una sfidona, con noi stessi in realtà. Quell’album non sarà piaciuto granchè, non è radiofonico, ha meno roba grossa da mainstream come l’avevamo fatta prima,  ma come band ci interessava fareun lavoro che avesse una produzione super- super funk. Siamo andati a Berlino in una sala ad hoc per questo tipo di musica, abbiamo acceso dei microfoni e registrato tutto in presa diretta. È stato uno step necessario per noi, come tuffarsi da uno scoglio molto alto. Come siamo atterrati in acqua non lo so e non  sta nemmeno a noi dirlo, ma era doveroso fare questo salto anche per far venir fuori “Fidatevi” così come è venuto.  Se non ci fosse stata “Cultura generale” in mezzo sicuramente non sarebbe uscito così.

“Fidatevi” è prodotto dalla label indipendente “Woodworm”  e ha una genesi che affonda nell’autunno del 2016, dopo i festeggiamenti del decennale di carriera. Ho la percezione di un album molto intimo, crudo e sincero, in cui ognuno di noi può rispecchiarsi se pensa alle sue scelte sbagliate o alla parola del futuro. Siamo una generazione allo sbando, la quale si crogiola nella omologazione e cerca risposte nelle vite degli altri che appaiono sempre più performanti?
Beh l’hai definita un po’ come senza speranza la nostra generazione, non sbagliando affatto per altro. Sicuramente ci sono dei problemi di questo tipo, c’è una fortissima ansia che sta diventando la malattia del secolo, la nostra bestia nera. Gli usi che noi facciamo di alcuni mezzi di comunicazione di certo non risolvono la nostra ansia. Parlarne in dei pezzi così rock può essere sicuramente terapeutico perchè per noi lo è stato. Anche ascoltarli può esserlo: sapere che qualcun’altro ha provato quelle stesse sensazioni e sta reagendo può essere efficace. Ci sono dei pezzi che riguardano episodi successi l’anno scorso privatissimi e di grandissimo dolore per me, già proporli agli altri due della band, suonarli insieme e condividere queste esperienze è stato un modo di aprirsi, di parlare, insomma una terapia.

“Fidatevi” è un appello di fiducia di una trentenne rivolto ai suoi genitori affinchè possano appoggiarla nelle sue scelte; “Mentre fa giorno” può essere la storia di un ragazzo che rincasa ubriaco e vuol far pace con i suoi, sembra quasi che abbiate avuto il bisogno di giustificare loro la vostra scelta di vivere di musica. È così?
E’ un riassunto assolutamente calzante. La cosa buffa è che qualche anno fa la nostra scelta di fare musica sembrava incredibilmente matta, una cosa che dovevamo far accettare ai nostri genitori, paradossalmente adesso le scelte molto più comuni, dei cammini che un tempo erano considerati delle passeggiate sicure verso la vita stereotipata, è andato tutto in merda anche quelle.  La ragazza che chiede ai genitori di fidarsi – storia assolutamente vera, molto vicina a me – lo fa con un appello non stravagante ma concreto. Lei non chiede fiducia su  una idea bislacca di fare la circense in India, ma sul suo progetto  di lasciare un lavoro insoddisfacente per un altro, magari pagato meno, ma più coerente con i suoi studi e le sue attitudini. La nostra storia di scelte coraggiose diventa così la storia di tutti.

L’Italia è un disco che non riesco a trovare, forse i migliori hanno altro da fare”, dite in “Due desideri su tre”. Qual è quello che ancora non siete riusciti a realizzare e per cui è l’Italia stessa il vero ostacolo?
La frase a cui ti riferisci nel particolare è l’espressione di un pensiero che faccio spesso e cioè che “se la musica continuerà ad avere tutte le crisi che ha avuto finora, le menti più furbe andranno a fare qualcos’altro e lo faranno altrove.”

In Pre Order su Music First è stato possibile acquistare varie versioni del CD prima della sua uscita e molti prodotti sono andati esauriti in pochissimo tempo. Avete così deciso di aprire un canale privato con cui dialogare con i fans e inviare materiale inedito. Qual è il messaggio più indipendente che inviate loro?
Questo portale lo abbiamo creato – e ci teniamo molto – perchè vogliamo parlare con la gente in un modo diverso e i social network, per i motivi di cui abbiamo parlato prima, non ci sembrano un posto adatto adesso e non vogliamo che certi  discorsi vengano poi spezzati o rovinati da leoni da tastiera e gente del genere che poi va in giro al solo scopo di rompere il cazzo. Ma la vera ragione di questo canale è che vogliamo parlare e poter disporre i contenuti come vogliamo, senza star dietro agli algoritmi di Facebook, al rischio che una foto venga sgranata o che il post debba essere lungo poche frasi sennò la gente si annoia. Abbiamo deciso di scrivere una lettera a chi ha piacere di ascoltarci e di farlo ad ognuno di loro, e a chi ci risponde noi rispondiamo singolarmente. È un grande lavoro ma è un rapporto vero con i nostri fan. Per tornare al quesito  iniziale potrei dirti, o dire ai miei fan, “se ti fidi di noi, noi ci fidiamo di te e ti inviamo materiale inedito che altri non hanno, dicendo questo tienilo per te!”.

Ti saluto con un gioco: se dovessi  inviare un messaggio ad un tuo collega  indipendente chi sarebbe e cosa gli diresti?
Mi cogli impreparato. Se ti capitasse mai di sentire Battiato, avere la sua voce su una delle nostre strofe ci piacerebbe tanto.

A cura di Fabiana Criscuolo

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