Garden of Delights – Suite | Recensione

di InsideMusic

Ritorniamo con la nostra rubrica dedicata alle band underground ed emergenti, Sottotraccia.

Oggi torneremo in pista con i Garden of Delights, band che ha da poco pubblicato un’omonima suite di quindici minuti (Garden of Deligths – Suite). Il nome è un chiaro riferimento al Trittico del Giardino delle Delizie del pittore cinquecentesco olandese Hieronymous Bosch. Il richiamo al pittore olandese è notevolmente puntuale. La suite è difatti costituita da tre parti (GenesiGarden of DelightsBirth of Chaos), che si richiamano ai tre pannelli del trittico di Bosch: Il Giardino dell’Eden, Il Giardino delle DelizieL’inferno musicale.

garden of delights recensione

 

Genesi è una breve introduzione strumentale, caratterizzata dalla forte presenza di percussioni mediorientali e di sitar. Il minuto abbondante della sua durata ci guida per mano verso un mondo inesplorato e ambiguo. Incerti se sentirci estasiati da quello che verrà o nostalgici di ciò che ci lasciamo alle spalle, non possiamo far altro che lasciarci trasportare dalla musica.

Difatti, eccoci arrivare a questo nuovo mondo, il Giardino delle Delizie. Garden of Delights si apre con morbide voci armonizzate, sostenute da delicati arpeggi di chitarra e da un timido pianoforte. La sezione vede un alternarsi di passaggi aggressivi a parti più soffici, il tutto condito da sottili poliritmie e da un pregevole intarsio ritmico alla batteria. Anche grazie al sapiente uso dei cambi di tempo, Garden of Delights si sviluppa senza stuccare, mantenendo l’ascoltatore sempre attento. L’apertura finale e il breakdown sono due chicche notevoli. Dopo, il breve ritorno dei suoni di Genesi è solo il punto di partenza verso deviazioni diaboliche.

garden of delights recensione

Birth of Chaos infatti presenta strutture più cadenzate e aggressive. Tutta la quiete di Garden of Delights è andata dissolvendosi. Uso del terzinato, chitarre profonde, arpeggi isterici di synth, dissonanze e cambi di tempo sono gli elementi caratteristici di questo Inferno musicale. Persino la voce si è fatta cupamente distorta. Sembra non esserci fuga dal caos, fino a un ultimo, disperato richiamo alle bellezze del Giardino delle Delizie. La ripresa del ritornello restituisce una parziale, quanto labile, quiete. Alla fine della suite i suoni di Genesi riportano alle origini di tutto, in attesa di un nuovo Eden e di un nuovo Caos.

garden of delights recensione

La prova del quintetto romano è assolutamente superba. La suite mantiene un suo equilibrio, mostrando anche capacità compositive ed esecutive pregevoli. Sugli scudi Federica Capretti alla voce e Yuri Croscenko alla batteria, autori di prestazioni di ottimo livello, ma complimenti notevoli anche alla coppia di chitarristi Vittorio Iannucci e Stefano Reali e al bassista Daniel Cho per un lavoro ritmico e melodico di spessore.

Con un Djent delicato vicino al sound dei Tesseract di One e Altered State, i Garden of Delights mantengono una loro personalità. Si notano difatti aperture vicine al Progressive Metal più vario: verrebbe da chiamare in causa il Devin Townsend degli ultimi anni e, per un’affinità di tematiche, i Dream Theater di In the Presence of Enemies Part 2, in particolare per le atmosfere diaboliche di Birth of Chaos. Ma si potrebbero fare i nomi più disparati: non basterebbero a districare i vari ingredienti dell’intricato amalgama che è Garden of Delights – Suite. Non ci resta quindi che aspettare le prossime pubblicazioni della band che – sono sicuro – ci lasceranno deliziosamente senza fiato.

0

Potrebbe interessarti