Dua Lipa è tornata e lo ha fatto in grandissimo stile con il suo nuovo album: “Future Nostalgia“. A distanza di tre anni dal debutto discografico, la cantautrice britannica si conferma una delle esponenti di maggior successo nel pop globale.
“Lavorare alla realizzazione di “Future Nostalgia” è stata un’esperienza incredibile“, aveva dichiarato la cantante a ridosso dell’uscita del progetto. L’esperienza vissuta sembra averla trasmessa anche a chi ascolterà il suo disco e capirà che il suo è un omaggio al passato, alla disco music degli anni ’70 (con un tocco di contemporaneità), ai mitici Studios 54, agli anni ’90 e ai primi 2000.
Sono stati gli anni dei capelli cotonati, degli sfarzi, delle provocazioni, di Sylvester che prende un drink con Humprey Bogart, di Donna Summer, dei No Doubt e degli Outkast con la loro “Hey Ya“. Pertanto, la “Future Nostalgia” che da il titolo al disco ed è la sua traccia di apertura, altri non è che la sua voglia di unire passato e presente e di lasciare la sua impronta in un panorama saturo di un pop banale e ripetitivo, per nulla originale.
Tutte le influenze del passato trovano spazio in questo disco, che inevitabilmente diventa a sua volta un progetto senza tempo e il cui manifesto è chiaro fin dalle sue prime note: “You want a timeless song, I wanna change the game, Like modern architecture, John Lautner coming your way“. Paragonandosi al modernista Lautner, considerato come uno dei più innovativi ed iconici nella storia del design oltre manica e non solo, Dua Lipa sottolinea la sua personale rivoluzione musicale.
Niente può essere considerato fuori posto in “Future Nostalgia“, poichè il ritmo e le sonorità dei singoli promozionali “Don’t Start Now” e “Physical” (che ricorda l’estetica del singolo omonimo di Olivia Newton-John, figura modello degli anni ’80), si sposano perfettamente con alcune delle tematiche trattate nel disco, dall’amore confuso (“Break My Heart“) a quello ritrovato verso gli altri e verso sé stessi (“Levitating“, “Love Again“), senza dimenticare la diemnsione femminile. In “Boys Will Be Boys” per esempio, la cantante inglese affronta il tema del sessismo e della violenza verbale alla quale ogni donna può essere sottoposta nella società odierna.
Con uno score del 95% su Metacritic noi non possiamo che essere d’accordo con chi ha dichiarato di avere ascoltato uno dei dischi più interessanti dei primi mesi del 2020, un anno che già di per sé ci sta ponendo di fronte ad una serie di sfide non da poco. Se possiamo affrontarle accompagnati da questa musica di qualità, forse possiamo provare a rendere il tutto un po’ più “piacevole”. Kudos a Dua Lipa per aver centrato l’obiettivo e di essere stata in grado di trasmettercelo rimanendo semplicemente sé stessa.
Redattrice web, milanese doc, scrivo e racconto la musica attraverso i miei occhi.