“Dove te ne vai stanotte” è il quarto EP del gruppo indie rock cantautorale DEMAGÓ, composto da cinque brani, disponibile su tutte le piattaforme di streaming digitale da venerdì 10 gennaio 2025..
In questo album, la band, si è dedicata a una ricerca sonora che ha cercato di unire il post punk anni 70 all’indie, per poi sfociare nel rock d’autore.
Questa ricerca si affianca a testi impegnati e di forte valenza sociale, come il brano “Brucia il sogno sotto il velo” dedicato al coraggio delle donne in Iran, o di impatto emotivo come “Hey Mà”, passando per le “Verità nascoste” di un brano che porta a riflettere sulle certezze e credenze più intime, per arrivare alla riflessione sulla figura dell’artista e la vacuità del successo cantata in “Camden Town”.
“Dove te ne vai stanotte”, brano che dà il titolo all’album, funge da spartiacque, musicalmente parlando, e vuole coinvolgere e far riflettere l’ascoltatore sulle storie dei protagonisti dei brani, narrati da un “misterioso” personaggio esterno che cerca di sondare i loro animi con empatia e sensibilità.
L’EP è stato registrato, mixato e masterizzato presso il Natural Headquarter di Ferrara, prodotto da Michele Guberti e dai Demagó per l’etichetta Blackcandy Produzioni.
Abbiamo parlato dell’Ep e della nuova svolta musicale dei Demagò con Moreno Martinelli, chitarrista del gruppo, che ci ha anche svelato i prossimi appuntamenti per sentire la band dal vivo: venerdì 7 febbraio al Terranova Bracciolini (AR), WIP WORKINGPROGRESS, mercoledì 12 febbraio a Perugia, MARLA, venerdì 28 febbraio a Città di Castello (PG), FREE REVOLUTION CLUB per il release party.
INTERVISTA
Ciao Moreno, oggi sei il portavoce dei Demagò nel raccontarci il nuovo album “Dove Te Ne Vai Stanotte”, che è stilisticamente diverso dai precedenti album. Cosa vi ha spinto a trovare una nuova chiave di lettura della vostra musica?
Venivamo da un disco, “Anime nella pioggia”, che è stato molto intenso e molto profondo, dunque, quando abbiamo iniziato a lavorare su “Dove te ne vai stanotte” sentivamo l’esigenza di dare un po’ più di ritmo, di ritornare alle nostre radici più Rock, tenendo però sempre uno sguardo verso le novità, inserendo degli elementi New wave/post Punk soprattutto della scena dublinese, avendo come punto di riferimento i Fontaines D.C. e gli Shame.
La nostra idea artistica è quella di evolverci tornando indietro, ma guardando avanti.
Questa trasformazione è avvenuta in studio, quindi quando le canzoni avevano già una veste?
Siamo arrivati in studio con delle idee, poi le abbiamo elaborate insieme al nostro produttore e, grazie a queste riflessioni, alcune delle canzoni sono cambiate sia dal punto di vista dell’arrangiamento che delle ritmiche, mentre altre, invece, sono state leggermente modificate o arricchite. Una sorta di evoluzione c’è stata in tutti i pezzi.
Avere una voce esterna alla band, come quella di un produttore che intuisce cosa vorresti fare e cerca di dare dei consigli che ti aiutano a migliorare, fa sempre molto comodo.
Uno dei vostri tratti distintivi è un cantautorato diretto e profondo, che non ha paura di affrontare tematiche di attualità, come la tragica situazione delle donne in Iran. Mi ha colpito in particolare la frase: “tagli ciocche che lanci in faccia al mondo, che resta attonito a guardare” e poi in conclusione “non basterà manifestare”.
“Brucia il sogno sotto il velo” è il singolo di apertura dell’EP ed è una canzone a cui teniamo molto.
Ci sentivamo in dovere di parlare della situazione tragica delle donne iraniane e di cercare di sensibilizzare anche l’ascoltatore a queste tematiche.
Come dice anche Amnesty International, è un percorso lunghissimo, un percorso tortuoso, però ognuno di noi dovrebbe cominciare ad aprire gli occhi e cercare di essere un pochino più sensibile a cosa succede nel mondo.
Se ascolti bene il brano, dentro c’è una sorta di speranza, raccontata dalle protagoniste che sono l’esempio di resistenza più grande che abbiamo: per esempio parliamo di Roya Heshmati, che è stata condannata a 74 frustate, per non aver indossato correttamente il velo.
Il suo coraggio nell’affrontare la pena, tenendo duro, e non cedendo alle regole imposte, deve essere di esempio per tutti.
Il singolo che dà il titolo all’Ep è il pezzo più indie dell’album. A proposito di questo… in questi giorni è stato detto che l’indie è morto, che ne pensi?
Le etichette che diamo alle canzoni ci servono solo per capire la direzione che prendono ma, secondo me, ci sono tante canzoni e artisti che si rifanno all’indie, magari con un tocco più moderno.
“Dove te ne vai stanotte” è uno spartiacque all’interno dell’EP, perché va a unire i primi brani che sono più in stile cantautorato indie pop, new wave, alle ultime due che, invece, sono decisamente più dure. Per esempio abbiamo sperimentato l’Hard Rock cantautorale che è una cosa totalmente nuova.
L’unione tra questi due stili ha creato questa sorta di nuovo indie, che unisce le prime due canzoni e le ultime due, quindi “Dove te ne vai stanotte” ha questo merito e per questo è stata scelta per dare il titolo all’album.
Dove te ne vai stanotte è un interrogativo che riguarda tutti i personaggi delle canzoni e, anche questo, è un punto di unione che ci è servito a scegliere il titolo.
“Camden Town” parla delle difficoltà del mestiere dell’artista. È vero che un artista ama solo il dolore?
Sì, talvolta è così…. È un modo per avere ispirazione; a volte lo maledici ma non puoi farne a meno, ti serve proprio come linfa.
Avete una produzione molto veloce dato che questo è già il quarto album dei Demagó. È una scelta dettata dalla voglia di avere sempre una nuova sfida davanti?
Il primo disco che abbiamo fatto è un po’ più vecchio, anche perché avevamo una formazione diversa.
Poi, dal 2021 ad oggi, sono usciti tre dischi: “Ferite” nel 2021, “Anime nella pioggia” 2023 e nel 2025 “Dove te ne vai stanotte”, perché lavorando con Michele Guberti e l’etichetta (R)esisto Distribuzione, abbiamo trovato un’ispirazione maggiore e la voglia di scrivere canzoni nuove.
La nostra fortuna è che scrivere dischi e stare in studio per le registrazioni è la parte più bella e stimolante di questo lavoro, perché ci porta anche a dover evolvere da un disco all’altro, a guardare sempre avanti, non dimenticando le radici, spronandoci ad affrontare ogni canzone in maniera diversa.

Per ogni cosa c’è un posto
ma quello della meraviglia
è solo un po’ più nascosto
(Niccolò Fabi)