Ci siamo, la quarta serata del Noisy Naples Fest è appena terminata e ha confermato questo festival come una vera realtà di musica live internazionale, in un mondo in cui i palchi vengono riempiti sempre più da prodotti preconfezionati “made in talent show”, o da finti hipster con ritornelli adolescenziali e a presa rapida, l’Etes Arena Flegrea ha riservato gli headliner per tutti i gusti. Dopo i nostrani ed intramontabili Avitabile – Senese – Luchè, è stata la volta di Bonobo patron della Intelligent Dance Music nell’unica tappa italiana, prima volta a Napoli in tutta la sua carriera per Noel Gallagher e stasera un’altra prima volta in città, quella di Coez.
Sembra davvero paradossale ciò se pensiamo che Silvano Albanese in fondo è salernitano, cresciuto a Roma (di cui porta uno spiccatissimo accento), ha collezionato sold-out in giro per la penisola, ha “fatto un casino” nelle maggiori città, ma fino ad adesso non era riuscito ad essere profeta in casa sua. Chi sia Coez lo abbiamo già annunciato attraverso la sua biosong, e c’era da aspettarselo un successo di vendite dopo tutta questa attesa. Ragazzi in fila per la lotta alla transenna sin dal primo pomeriggio, la forza della musica neanche il sole scottante riuscirà mai a fermarla. Un drone riprende tutto in diretta, l’organizzazione, in particolare l’area Social Media ha deciso di non lasciare nulla al caso, così come l’idea di personalizzare le maglie del Napoli da donare in ricordo ai vari protagonisti. Immischiati nella folla, senza badge per mimetizzarci meglio, proviamo a rivolgere qualche domanda ai fan in attesa e le risposte sono pressoché le stesse “ci stiamo regalando questo sogno non appena terminato l’esame di maturità”. E a proposito di quest’ultimo, secondo una statistica di Skuola.net Coez è stato votato come soggetto preferito per la prima traccia, un bel traguardo per un ragazzo che fino a un decennio fa quei palchi li cavalcava, ma per montarli e permettere lo show a quelli che – in seguito – sarebbero diventati suoi colleghi.
L’ennesimo sold out sfiorato anche qui, cinquemila ticket strappati per il rapper melodico campano e un inizio affidato a “Siamo morti insieme”. “Finalmente lo posso dire, ciao Napoli!” – accoglie così il suo pubblico Silvano appena salito sul palco – “Sono molto contento di suonare qui, in questa splendida cornice!”. Napoli si sa, è la città del sole, e in quanto tale carente per antonomasia di sale concerti invernali appropriate, se non si considerano i palazzetti Palapartenope e Casa della Musica, questo resta un grande limite per gli artisti che vorrebbero esibirsi nella capitale del sud Italia ma non riescono a fare numeri tali da inserirsi in uno di questi due contesti, e così si finisce per suonare nelle città limitrofe e bucare Partenope, creandone attesa e suspance.
Spiegone terminato, torniamo al concerto, ragazzine in delirio, pance scoperte e telefoni in mano, è un coarcevo di Instanstories perché non conta il “qui ed ora” ma il “voi che guardate e dovunque possiate essere mentre io sono qui e ve lo sto filmando”. Ma siamo nella dimensione del pubblico 2.0, diverso dai clubber di Bonobo, dagli estimatori jazz di Senese o dagli 80’s malinconici degli Oasis di Noel Gallagher, e non è detto che questi ultimi siano migliori. L’attesa che normalmente gravita intorno alle hit, che ti “costringe” ad ascoltare – e magari scoprire – pezzi inediti Silvano la taglia a corto, è subito il momento de “Le Luci della Città” (che si sperano essere migliori di quelle dell’Arena Flegrea che risultano la vera pecca di questo tour di concerti), accompagnato a gran voce dai fan in sibilo. C’è spazio anche per l’ultimo singolo in collaborazione con Frenitk & Orang3 – “Migliore di me” – prima di rituffarsi nuovamente nel passato: una setlist ben allestita, dunque, che riesce a far combaciare i successi recenti a quelli più datati, come “Lontana da me”, per far contenti sia i nuovi fan ma anche quelli della prima ora. Una uscita di scena momentanea, non per emulare il finto bis, ma solo per passare al secondo atto di questo spettacolo che adesso prevede una dimensione più acustica per “Vorrei portarti via” eseguita al solo piano, da un musicista. I componenti della band riconquistano le proprie postazioni per eseguire uno dei brani più significativi della carriera di Silvano –“Jet”: “Ti porterei sopra un jet col tuo nome, dove il tetto del mondo è un grosso tappeto di nuvole viola”, intona a gran voce tutto il pubblico.
Per chi – come me – ha avuto la possibilità di scambiare quattro chiacchiere con Silvano alla vigilia dell’uscita del fortunatissimo album “Faccio un casino”, saprà che è una persona senza mezzi termini, poco avvezza alla finta modestia e consapevole delle sue potenzialità, e anche del suo valore di mercato. Una scelta quella di passare dai benefit della (finta) label indipendente Carosello alla (più) indipendente Undamento, coraggiosa, direi io, economica ha detto Coez. E a pensare che questa ascesa è iniziata con un video realizzato con un iPhone in una casa semivuota (reale, è casa sua) al momento di un trasloco. Un gioco direte voi, tutto calcolato ribatterei io. E la lungimiranza di quel momento la ritroviamo in questo punto esatto del concerto, quando – a gran voce – incita il pubblico a “fare un po’ di casino insieme”, ed è il momento singolone (e dirette Facebook a iosa). E mentre il pubblico è infiammato, un intro di pianoforte spezza questa estasi per introdurne un’altra, quella del pezzo che è stato un vero e proprio tormentone del 2017 con oltre sessanta milioni di visualizzazioni su YouTube – “La musica non c’è”. Il concerto sembra volgere al termine, ma c’è ancora tempo per una sorpresa: “Questa canzone non era in programma, ma visto che la state richiedendo a gran voce la improvvisiamo solo per voi”, così l’artista manda in visibilio i fan, mentre i musicisti attaccano “Barceloneta”, singolo in collaborazione con i rapper Carl Brave x Franco 126, certificato platino dalla FIMI. “Vi salutiamo con questa, a noi non piace uscire di scena e rientrare per il bis, quindi davvero si tratta dell’ultimo brano”, precisa Coez prima di congedarsi con i fan sulle note de “La strada è mia”: cala così il sipario sull’evento.
“Figo come un rapper, ma scrivo le canzoni come i cantautori” è l’autocelebrazione di Coez a se stesso, che durante le interviste non sarà il più aulico e modesto degli interlocutori, ma è riuscito a fare un gran casino e non deludere i suoi fan (almeno loro).
Scaletta:
Siamo morti insieme
Le luci della città
Parquet
Migliore di me
E yo mamma
Hangover
Delusa da me
Non erano fiori
Vorrei portarti via
Le parole più grandi
Costole rotte
Niente che non va
Ali sporche
Jet
Occhiali scuri
Still fenomeno
Chiama me
Faccio un casino
La musica non c’è
Ciao
Barceloneta
E invece no
La strada è mia
A cura di Fabiana Criscuolo
Foto di Giusy Chiumenti
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