E’ uscito ieri, venerdì 2 novembre 2018, “Bob Dylan: More Blood, More Tracks – The Bootleg Series Vol.14”, pubblicato da Columbia Records e Legacy Recordings. Si tratta dell’ultimo capitolo dell’acclamata serie Bootleg di Bob Dylan, dove vengono rese finalmente disponibili le straordinarie registrazioni in studio del 1974 che hanno dato origine al capolavoro del 1975 “Blood On The Tracks”, uno dei suoi album più venduti, e che ha ridefinito i confini e le strutture del modo di scrivere musica pop, un genere che Dylan aveva di fatto inventato dieci anni prima.
Portavoce di una generazione sognate e utopica, menestrello elevato a poeta rampante, enigmatico e sfuggente, è tutto questo Bob Dylan, capace di far pensare evitando le solite banalità ricorrenti. Quello che vi vogliamo raccontare oggi non è un album o una canzone, ma una storia leggendaria che non tutti sanno ma che accadde in una fredda sera del 1963. Era il 5 gennaio quando un giovane e sconosciuto Robert Allen Zimmermann, passato alla storia come Bob Dylan, decise di entrare in un locale umido e malconcio di Roma. Quella sera, la cantina in via Garibaldi 58 che si chiamava Folkstudio, il quale ha dato i natali ai più grandi artisti italiani, Antonello Venditti e Francesco De Gregori su tutti, contava non più di venti persone. Il giornalista e critico musicale, Dario Salvatori, ha raccontato così l’episodio:
La sera in cui si presentò, come uno dei tanti americani con la chitarra avvicendatisi sul palco, nel locale c’erano poche persone, la maggior parte sedute al bar; d’altra parte la serata era dedicata a un altro artista e il nome di Dylan, oltre che sconosciuto, non appariva in programma. Cantò qualche pezzo, quasi in jam con altri, quando era già molto tardi.
Bob Dylan era all’inizio della sua carriera che poi fu spettacolare, nessuno tra quelle mura romane poteva mai immaginare che quel ragazzo con la chitarra da lì a poco avrebbe ribaltato le redini della musica mondiale, grazie anche alla sua costante attività nel movimento pacifista per il cambiamento sociale, movimento che poi divenne l’immagine di milioni di ragazzi, in grado di scuotere i sentimenti della massa.
Leggenda narra che il giovane Dylan si trovasse nella capitale italiana sulle tracce della sua fidanzate dell’epoca, Suze Rutolo, e che poi decise di entrare a bere qualcosa nel locale, e solo in seguito ebbe l’idea di cantare. Quella serata nel locale fu ribattezzata come la prima esibizione italiana del folksinger statunitense. Il Folkstudio di Harold Bradley, poi lasciato all’amico Giancarlo Cesaroni con il quale fondò una casa discografica chiamata per l’appunto “Folkstudio”, era uno tra i pochi locali aperti durante le serate invernali, quando ormai le balere estive erano in ferie. Poi, circa due anni dopo, si avrà il Piper Club, ma questa è un’altra storia che poi forse un giorno vi racconteremo.
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