È in uscita il 6 settembre Backbone, episodio numero 33 della sterminata discografia degli Status Quo. Si tratta del primo lavoro dopo la scomparsa di Rick Parfitt
Ne è passata di acqua sotto ai ponti dal 1962, anno in cui il primo embrione della band iniziò a formarsi; da allora quelli che si facevano chiamare Spectres hanno cambiato nome, formazione, genere musicale e pelle più volte, senza mai essere traditi dal grande pubblico che li ha quasi sempre premiati.
Spesso qui da noi – dove, va detto, gli Status Quo non hanno mai sfondato – capita di prendere in giro Luciano Ligabue per i suoi pezzi basati sempre sui soliti tre accordi; beh, se in quel caso si tratta di un’iperbole, nel caso degli Status Quo è una semplice notazione tecnica. La grande maggioranza del repertorio della band inglese, almeno dal ’70 in poi, si basa sui canonici tre accordi tipici di blues e rock’n’roll; il tutto condito da atmosfere festaiole e grezze da pub britannico. Ciò non deve far dimenticare la grande preparazione strumentale di Francis Rossi e soci, sia nel rock psichedelico dei primi successi che nel boogie da stadio, genere che li ha fatti entrare nel guinness dei primati rock con vari record, tra cui quello di aver piazzato un singolo nelle Top 20 inglesi per ben cinque decenni diversi.
Il nuovo Backbone è un disco che vuole segnare un nuovo inizio, pur inserendosi alla perfezione nel solco hard-boogie ma a tratti melodico da sempre tracciato. Richie Malone alla chitarra sostituisce degnamente il compianto Parfitt, ma il timone è saldamente nelle mani di Rossi che ha dichiarato di essersi imposto quasi come dittatore nelle registrazioni.
Il risultato è un lavoro perfettamente riconoscibile, destinato al successo presso lo zoccolo duro della band e a possibili stroncature della critica che, a parte l’iniziale fase psichedelica, non ha mai perdonato un approccio troppo commerciale e quasi pop alla band. Le novità più succose sono negli arrangiamenti e nel sound; le chitarre, per precisa scelta di Rossi, sono meno distorte e suonano più pulite. In I Wanna Run Away With You il solo è talmente cristallino che sembra quasi di sentire un B.B. King in salsa Rock’n’roll. L’iniziale Waiting For A Woman è uno dei momenti più azzeccati dell’intero disco, dalle parti degli ZZTop di Deguello, quando erano in equilibrio tra il blues puro degli inizi e la svolta commerciale. Per il resto Backbone non riserva grosse sorprese, tra brevi cavalcate chitarristiche e atmosfere da pub rock, come dei Dr.Feelgood 2.0, il disco scivola via veloce senza forse offrire il colpo del K.O. ovvero senza novità spiazzanti.
Purtroppo, come dicevamo, dalle nostre parti, come pure in Spagna, il culto degli Status Quo non ha mai troppo attecchito, a differenza del resto d’Europa. Sarà così difficile che la band arrivi col tour a supporto di Backbone in Italia. Un vero peccato, se consideriamo che il palco è da sempre l’habitat naturale degli Status Quo, quello dove sono sempre riusciti a sciogliere i dubbi sulla qualità dei loro lavori in studio.
A cura di Andrea La Rovere
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