Arya, Outer e Lucid Dreams. Tra Ambient, ProgMetal e tanto altro

di InsideMusic

Dal Post Rock al Progressive Metal passando per Metalcore, Djent, Dark ambient e tanto tanto altro. Non è la ricetta per un minestrone musicale ma ben si il sunto di ciò che rappresentano le prime tre band che andremo oggi ad analizzare con questa prima uscita della rubrica Sottotraccia.

Segnatevi i nomi, ascoltate e leggete attentamente. Ne vedremo (anzi, sentiremo) delle belle.

 

Arya- Un melting pot di stili, un sound fresco e originale.

 

Gli Arya, band originaria del Riminese, sono uno di quegli esempi di nuova musica in grado di attingere a braccia aperte da molteplici fonti  aggiungendo un buon numero di frecce alla propria faretra ma ottenendo, alla fine, un prodotto quanto mai originale, difficile da localizzare e ricco di personalità.

Dopo l’ep esordiente, “In Distant Oceans”, pubblicano, nel 2017, il loro primo long play, “Dreamwars”, progetto, a mio dire, estremamente ambizioso. Dreamwars è un concept album composto da ben undici canzoni per la durata totale di 51 minuti. Durante le tracce vengono affrontate, essendo fulcro del concept, tematiche di stampo profondamente emotivo ed esistenzialista. Il lavoro sembra di fatto voler essere una fotografia di ciò che affligge l’uomo del ventunesimo secolo partendo dall’alienazione e passando per la solitudine, l’incomunicabilità, il suicidio, senza risparmiare poi attente citazioni anche alla letteratura storica di qualunque campo (da Dante Alighieri alla filosofia e antropologia).

Fissate le linee guida tematiche emerge subito con estrema chiarezza la perfezione calzante dell’aspetto musicale. Nei cinquantuno minuti di riproduzione a far da padrone sono atmosfere cupe, dark, angoscianti e sofferenti. Le armonie si muovono costantemente tra il melodioso e il dissonante, talvolta in modo repentino e quasi isterico. Virginia Bertozzi (ora sostituita da Clara J.Pagliero), alla voce esegue un lavoro qualitativamente interessante dove spiccano vertiginose ascese vocali, linee tirate e profondamente emotive alternate, talvolta, a cantati più dolci, falsettati e dalla natura quasi poppeggiante (vedasi la tracia Arjuna, settima dell’album). Il tutto è sorretto da una base strumentale solida.

Frasi di chitarre taglienti e sguiscianti e riffing duri di natura quasi “djentosa” si alternano a fasi più melodiche dove arpeggi clean, sorretti da una sezione ritmica ottimamente presente e sempre al posto giusto, e melodie variegate riescono a regalare momenti di sana ed emotiva musica ambient. Si passa così da un intro (Sirens) contenuto e atmosferico, arrivando poi a pezzi energici e sofferenti come Faith (pezzo che ricorda i Muse di Absolution) e Irreverence (uno dei momenti migliori, pezzo dalla natura schiettamente progressive colmo di repentini cambi e sonorità ottimamente miscelate tra loro). La chiusura è affidata al duo Dreamwars/Gandharva. La prima, pezzo di ben otto minuti, è un ottimo manifesto musicale per la band, vi sono di fatto raccolti tutti quelli che sono i tratti musicali peculiari che vanno da groovy e atmosferiche sezioni cantate a momenti dove le chitarre esplodono in riffing rapidi e serrati andando a comporre un pezzo variegato ed esplosivo. In Gandharva troviamo invece un ending pianistico strumentale rilassante e malinconico che chiude ottimamente il cerchio concettuale dell’intero lavoro.

Katatonia, Opeth, Gazpacho, Karnivool, Tool, Steven Wilson e Tesseract sembrano essere tra coloro a cui più si avvicina lo stile di questo lavoro, estremamente maturo, personale e allo stesso tempo dotato di un ecclettismo invidiabile. Spicca, tra i pregi, la capacità di incanalare, canzone dopo canzone, emozioni ben precise che arrivano chiare all’orecchio dell’ascoltatore regalando all’intero lavoro grande emotività e capacità di storytelling di buon livello.

Up: Sonorità originali, lavoro variegato ed estremamente maturo. Grande emotività nei pezzi

Down: Per quanto musicalmente ottimo, il tutto viene talvolta penalizzato dalla qualità audio che non regala la giusta profondità sonora ai pezzi, lasciando talvolta, smorzate le parti più dinamiche ed esplosive.

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Outer- Un variegato Djent/Prog Metal li presenta alla scena Core della penisola.

 

Al Nord della nostra penisola, si sa, tendenzialmente picchiano decisamente duro. Di fatto è proprio nel settentrione italico che si annidano, brulicanti, gran parte delle band della scena Metal attuale. A conferma di tale regola non scritta troviamo gli Outer.

Labyrinthic e Verge sono i due singoli che anticipano l’lp d’esordio (che vedrà la luce in data ancora da destinarsi nel 2018) della band di Cesena che ha già avuto la meritata fortuna di salire su palchi affiancando band dal valore acclamato anche a livello internazionale come, Northlane, Betraying the Martirs, Uneven Structure e i nostrani Destrage.

Labyrinthic, primo singolo ufficiale della band, si apre in un energica esplosione dove pesanti chitarre distorte eseguono ritmiche sincopate sorreggendo una voce clean, melodica e areosa. Dopo una strofa dal groove serrato in cui le note più basse delle asce chitarristiche la fanno da padrona si arriva a un ritornello più aperto e melodico dove la voce, ancora per poco clean (doppiata a tratti da vertiginosi harsh vocals) esegue una linea estremamente catchy e melodiosa. Una voce tirata al limite tra il clean e l’harsh (doppiata da vocalità growl) entra poi nella seconda strofa aumentando nettamente la durezza del pezzo. Dopo il secondo chorus una terza strofa anticipa un solo rapido e sguisciante. L’ending, tra sincopi dispare e bordate improvvise di chitarra, porta a una conclusione cupa e sofferente dove la voce gioca su vertiginosi vocalizzi donando alla conclusione una grande teatralità.

Ben più dura e particolareggiata è Verge. Il secondo singolo degli Outer nei suoi 7.13 minuti si districa tra una variegata serie di riff, cambi di tempo e intrecci di voci che si spostano frequentemente tra l’harsh e il pulito. Un breve preludio di sintetizzatori lascia spazio, nell’incipit, a un esplosiva strofa dove un cantato duro e tirato si destreggia su serpeggianti e rapidi riff di chitarra. Sui 2.20 un repentino cambio di bpm rimescola le carte in tavola riaprendo a un riffing duro e rapido intervallato da sezioni con riding notes di chitarra e una voce più leggera ma sempre energica. Il pezzo si concluderà poi proseguendo in un evoluzione fatta di riff alternati, vertiginosi vocals, sezioni estremamente dure e chitarre slanciate. Verge è un pezzo molto vario, senza dubbio più del precedente Labyrinthic, che ancor più attinge al mondo del Djent, del math metal e del death, mancante però, nella sua estrema varietà, di un filo conduttore ben udibile che lo renda coeso in tutte le sue parti.

Con questi due singoli gli Outer accedono al panorama musicale entrando dalla porta principale. Non solo una via musicale ben chiara, interessanti idee in fase di sviluppo (sicuramente non per tutte le orecchie) e palchi di notevole impatto (calcati nella loro giovane carriera) ma anche due video estremamente ben fatti rimarcano l’approccio estremamente professionale di una band che ha la voglia e le carte in regola per affacciarsi al panorama internazionale. Il 2018 e il loro incoming album ci dirà se, effettivamente, quanto di buono mostrato fino ad oggi troverà effettiva conferma.

https://www.facebook.com/outerband/

 

Lucid Dream- Progressive, Post Rock, Alternative ed elettronica in un unico eclettico lavoro.

 

Band Romano nato nel 2012, i Lucid Dream sono un buon esempio di musica eclettica ed estremamente varia. Dopo un lungo periodo di gavetta, assestamenti di formazione, live e ricerche sonore, nel 2016 il quintetto esordisce sulle scene con il suo primo ep, intitolato “Decay”. Nei suoi 33 minuti di durata questo lavoro d’esordio ci presenta i Lucid Dreams come una band dallo stile estremamente variegato, duttile, in grado di muoversi su differenti piani del mondo musicale riuscendo a mantenere sempre una certa coerenza di fondo. In un sostrato generale dove si staglia predominante l’elemento post rock/ambient possiamo facilmente individuare elementi che si muovono dal Noise, musica elettronica, alternative, free jazz, math rock e anche momenti di metal estremamente pesante.

La prima traccia, Fat Man, dopo un intro sostanzialmente elettronico, si apre a sonorità che ricordano non poco lo stile cupo, sofferente e “rumoroso” dei Muse di Muscle Museum. Intrecci di chitarre clean dal gusto estremamente jazzato e armonie eleganti fanno da sfondo a una linea vocale clean estreamente melodica e, a tratti, drammatica, che ricorda non poco gli stilemi del frontman della band alternative inglese. Il pezzo va a chiudersi poi su sonorità ambient/elettroniche che lo collegano in modo molto naturale al duo Interlude/Istar. In questo momento si fa viva la vena più schiettamente post rock del complesso.

Un rilassato arpeggio di chitarra, reiterato per la quasi interità del pezzo, sarà la colonna portante su cui l’arrangiamento andrà gradualmente ad arricchirsi tra crescendo di dinamica, ingressi di chitarre distorte e sintetizzatori (con anche brevi momenti solistici dal gusto schiettamente jazz). Un pezzo diviso tra Mogwai e God is an astronaut dove atmosfera, ricchi arrangiamenti ed esplosioni portano a un risultato finale ottimale. In time, uno dei pezzi dallo stile più particolareggiato, è una traccia angosciosa dove frenetiche chitarre classiche si scambiano, intrecciano e danno battaglia in un breve spazio di tre minuti prima di lasciar spazio al duo Lost/In Space. Qui emerge fortemente il lato noise/ambient della band. L’intero movimento, della durata totale di più di 10 minuti, si evolve in un roller coaster fatto che va da avvolgenti sonorità ambient a dure esplosioni tra il noise e il metal in cui chitarre distorte dal suono estremamente saturo costituiscono un impressionante muro sonoro.

Con You Will Succumb Under Subterranean Fire l’ep giunge alla sua fine. Un inizio lento, ambientale e rilassato, un crescendo graduale e un avvolgente esplosione finale portano l’ascoltatore alla fine di un viaggio fatto di atmosfere avvolgenti e psichedeliche, esplosioni dove i muri sonori vengono elevati fino al limite della saturazione strumentale, momenti di raffinato gusto jazzistico e anche di imprevedibili venature alternative.

“Decay” è senza dubbio un buon manifesto musicale. Non facile all’ascolto per i meno portati al genere, senza dubbio consigliato per gli amanti dei contesti post rock , ambient e non solo. Trova, però, nel suo gusto estremamente eclettico, tanto il pregio quanto il difetto di una mutevolezza che può risultare per alcuni tratti eccessiva, nonostante si riesca nel complesso a mantenere una coerenza musicale di fondo. Nel complesso ci troviamo di fronte a un ep esordiente di assoluto valore dal sapore in cui sono ben lineati i tratti preponderanti di uno stile musicale che richiede però ancora di un maggior livello di unità e coerenza.

Up- Lavoro eclettico, estremamente variegato e ricco di spunti. Interessanti le armonie e ottime le gestioni dinamiche, ricchi gli arrangiamenti. Un lavoro di assoluto valore musicale.

Down- In quanto ep di esordio è percepibile ancora una mancata “unità” stilistica globale che non inficia, comunque, nel complesso il buon lavoro svolto. La produzione del pezzo, purtroppo, non pare però all’altezza dei pezzi, richiedenti senza dubbio di una maggiore profondità sonora e chiarezza. Con un sano remaster ci ritroveremmo di fronte a un lavoro estremamente brillante sotto molti aspetti.

https://www.facebook.com/LucidDreams.it/

Potete mandarmi il vostro materiale che verrà poi da me ascoltato e recensito. Con Inside Music vogliamo offrire uno spazio alla vostra musica per farla emergere, darle una, anche se piccola, spinta verso un progresso migliore. Darvi la possibilità di raggiungere nuove orecchie e un nuovo pubblico.

In basso lascerò i contatti utili a cui potrete recapitare il vostro materiale che verrà da me ascoltato e, dopo opportuna organizzazione, recensito e pubblicato.

Fatevi avanti, vi aspetto.

Lorenzo Natali

Mail: lorenzonatali@rocketmail.com

Facebook: Lorenzo Raven Natali

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