Manuel Agnelli è tornato. E non lo ha fatto in maniera tradizionale, bensì portando sul palco uno spettacolo che regala un dolceamaro contrasto tra passato e futuro. Come? Ve ne parliamo in questo articolo, con il live report di Leslie Fadlon e le foto di Fabrizio Orsini
L’Opening del live di Manuel Agnelli
A Villa Ada incontra il mondo lo spazio non manca, cosi come non mancano i palchi, che danno modo al concerto di essere anticipato da un doppio opening. Il primo, sul palco minore è quello dei Panta, indie rock band romana da sempre nella corrente “Afteriana”. I Panta riscaldano l’atmosfera con i loro bellissimi brani prima di lasciare infuocare il main stage con il set dei Mutonia. La band – capitanata da Matteo De Prosperis – che si è fatta conoscere a X Factor 2022 ha scelto una scaletta che è stata un mix di cover e di inediti, concludendo con l’ultimo e nuovissimo singolo “Go Fuck yourself”..una non dedica al pubblico!
Il live di Manuel Agnelli
Sono le 21.30 quando le luci si abbassano e ci emozioniamo sulle note della profonda “Pam pum pam”, cui segue la sensuale e potente Signorina mani avanti, con cui apprezziamo anche dal vivo I frutti del progetto solista del frontman e fondatore degli Afterhours. Band di cui sentiamo i brani già dal terzo posto in scaletta, con unq versione fulminante di Veleno, con una strisciante Non si esce vivi dagli anni ’80 e una pogante(si può dire?) Male di miele. Ci stringe a sé e ci seduce questa Varanasi Baby, prima di buttarci nel vuoto sul mood sognante di Bungee Jumping. “Per anni ho cercato qualcosa di più grande ma non l’ho trovato..ma se esiste è certo che non ci vuole bene”: con queste parole Manuel Agnelli introduce Quello che non c’è, dando inizio alla seconda parte del live, che procede con la stupenda Ballata per la Mia Piccola Iena. Con un sarcastico aneddoto sulla storia dell’arte, che nasce come un lavoro su commissione, Manuel ci presenta la sua opera scritta, appunto, per un progetto cinematografico: La profondità degli abissi, nata per Diabolik e foriera di tanti premi, per citarne uno, il David di Donatello. Restiamo sui nuovi brani e assistiamo al duello al piano tra Agnelli e Beatrice Antolini sulla rabbiosa Proci. “Ho scritto un pezzo tempo fa su un uomo che credeva così tanto nei suoi progetti che ci è rimasto imprigionato..e quell’uomo sono io”: il pubblico è pronto per l’intimista Padania. Brano che si lega a 1.9.9.6 secondo le sue parole: “Questa è tornata di moda di recente ed ha un modo diverso di vedere la stessa cosa rispetto al brano precedente”. Con 1.9.9.6 si da avvio a un tris di pogo e allo scatenarsi del pubblico, perché a seguire ci sono Dea e Lasciami leccare l’adrenalina.Per concludere questo set, Agnelli sceglie Voglio una pelle splendida, che finisce su un battere di mani coordinato e gioiosissimo. Il primo encore inizia con vibrazioni tribali e qualche inciampo sull’attrezzatura(subito corretta dal fidatissimo Emilio) che sfuma sulle note di Non è per sempre. Distorsioni elettriche – sulle quali si sente pesantemente la mancanza di Xabier Iriondo – ci portano su Bye bye Bombay, mentre per chiudere Ci sono molti modi e Manuel ha scelto il migliore, ovvero il malinconico pezzo che porta questo nome.
Ma, attenzione, non manca la sorpresa..un terzo bis con La sottile linea bianca.Un brano storico, che ci fa riassaporare il gusto dei vecchi e leggendari live Afterhours. Che ci fa salire un po’ il magone sul tempo ormai andato, sull’astinenza da tanti momenti di gioia in rock causata da questa lunghissima – lunghissima, lunghissima canterebbe Manuel- pandemia. Un brano che Manuel esegue solo sul palco, mentre una parte di pubblico se ne stava andando. Una canzone sofferta e sofferente ma di una bellezza accecante. Un po’ come questo concerto, a tratti dalla forma inaspettata ma dai risultati in parte prevedibili. A inizio articolo vi ho parlato di un dolceamaro contrasto tra passato e futuro. Cosa intendevo? Che per chi segue i progetti musicali di questo meraviglioso artista, è stato strano non vederlo affiancato, per dirne una, dagli archi di Rodrigo D’erasmo. Ci sono mancati il sudore, il basso e i balletti di Roberto Dell’Era, le chitarre strabordanti e i tantissimi strumenti ricercati di Xabier Iriondo e Stefano Pilia, ci è mancata la batteria di Fabio Rondanini, ci sono mancati gli Afterhours. Ma a volte il cambiamento porta risvolti interessanti: abbiamo apprezzato gli esplosivi Little Pieces of Marmelade e abbiamo avuto riconferma del talento di Beatrice Antolini. La line up è stata piena di giovani dall’inizio alla fine, in questo mini festival rock n roll attraverso il quale Manuel Agnelli ci ha spiegato che Se Fosse un Giudice darebbe tutto lo spazio possibile ai giovani. Ma sempre mantenendo la sua impronta di animale da palco e fondatore di una corrente di alternative rock che ha cambiato la storia della nostra musica.

Rock’n’roll lover. Afterhours Lover. Good lyrics lover.