Bevimi, come un invito che può suonare imperativo, ma anche sinistro. Imperativo e sinistro come il sound dei LUCE band cilentana che col loro rock ispirato al Rock ed al Blues tipico degli anni 70 mette insieme cinque brani tiratissimi che definiscono il loro sound e la loro direzione senza compromessi, senza voler strizzare l’occhio, tirando dritto per la loro direzione che sembrano avere ben chiara in mente.
L’ep, registrato e prodotto presso gli studi Goldmine Record, si apre con “7-8-9” cominciando col botto. Un brano in cui la batteria di Daniele Rispoli spiana la strada alla chitarra di Antonio Maiuri ed alla voce di Luana Cerbone, sotto di loro il basso pulsante di Antonio Cortazzo tiene insieme il tutto.
I riferimenti sono quelli classici, di quelli che in questi anni le classifiche sembrano essersi un po’ dimenticati, quel retroterra musicale che riempie però gli scaffali degli appassionati di rock, quei riferimenti che ci fanno dire pensare che il rock non morirà. Il ritmo cavalcante di “Giochi di Ruolo” richiama il blues di nomi che fanno tremare i polsi. Il gotha del rock blues americano inglese degli anni 60 e 70.
Bevimi è un EP coraggioso, perché oggi la musica va chiaramente da un’altra parte. I LUCE invece, in direzione ostinata e contraria cercano di tessere nuovamente le trame che riportano all’epoca d’oro del rock, quando era ancora un genere capace di raccontare la rabbia giovanile e la voglia di andare contro l’ordine costituito. Di loro, in Bevimi, i Luce mettono i testi che deviano insieme alle ritmiche verso una versione più aggiornata che fa pensare ad alcune produzioni blues dei Black keys, e per il versante nostrano al corrispettivo italiano rappresentato dai Bud Spencer Blues Explosion. La band cilentana ha una maggiore propensione per la melodia anche grazie alla voce di Luana, che in brani come Lazzaro riesce a piegare anche il suono delle chitarre alla direzione che vuole prendere.
“Sing La La La” con i versi che richiamano la vita di pesci in un acquario sembra citare un altro grandissimo classico come Wish you were here, con la visione delle nostre vite su binari predefiniti che non riusciamo più a rompere persi nel quotidiano correre dietro a interessi superficiali. È la musica in qualche modo la chiave, sembrano suggerirci i LUCE, per venire fuori da questa condizione.
L’ep lascia la voglia di ascoltare i LUCE sulla lunga distanza, in un album che possa restituire le molte voci e le diverse anime anche dei componenti del gruppo che sembrano scorgersi in questo disco. Perché c’è sempre bisogno di band capaci di scegliere la strada meno battuta, quella meno in voga, ma anche quella destinata ad andare più lontano.

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