Scritto, arrangiato e prodotto da Fabio Garzia, in arte MustRow, “Un volontario dal pubblico” è il suo primo album in italiano, in uscita il 23 ottobre 2020. Dopo una lunga carriera come collaboratore per artisti come Elisa, Noemi e Marracash, MustRow decide di pubblicare un disco rock, puro e coraggioso: Un volontario dal pubblico è tutto ciò che non ti aspetti, è la porta in faccia ma anche la verità non detta, il vivere finalmente senza preoccuparsi di come si appare, è essere se stessi. E soprattutto è la prova di quanto anche al giorno d’oggi il rock possa essere moderno ed attuale.
Ne abbiamo parlato in quest’intervista.
Ciao Fabio e benvenuto su Inside Music. Come nasce il tuo nuovo disco, ‘’Un volontario dal pubblico’’?
Ciao, innanzi tutto grazie per questa intervista. Questo disco è nato dal desiderio di comunicare un messaggio diverso da quello che va per la maggiore, volevo parlare di cose che possiamo respirare ogni giorno della nostra vita. Molto spesso nella nostra dicografia ci si focalizza solo sul tema dell’amore, non che sia un male ma sono tante altre le cose nella vita che ci danno emozioni, può trattarsi di cose che ci fanno soffrire con noi stessi o di comportamenti degli altri che non vorremmo mai dover accettare. Come dico spesso la mia musica è “alternativa a tratti rabbiosa” in questo disco c’è tutto questo ma anche il togliersi ogni maschera per guardarsi anche allo specchio e ammettere chi siamo davvero senza paure, non ci sono sovrastrutture. Musicalmente ho voluto creare un mondo che non è facile trovare in radio o nelle playlist, un sound che fa parte di una cultura che fa fatica ad emergere ma esiste e cresce, si racconta, cambia le regole. Ho sperimentato tanto e cercato una mia identità musicale e cantautoriale.
È la prima volta che scrivi in italiano, quando hai capito di voler fare questo passaggio?
Come ti dicevo la mia è stata un esigenza comunicativa, amo la musica inglese e americana, penso si possa intuire anche ascoltando questo disco, ma al di fuori della parte musicale sentivo che mancava qualcosa, una capacità di comunicazione più diretta e comprensibile, volevo giocare a carte scoperte, cantando in inglese molte persone non riuscivano realmente ad entrare nel mio mondo. L’inizio non è stato facile, quando canti nella tua lingua senti molto di più quello che stai dicendo e quando il tuo messaggio è un flusso di coscienza, qualcosa che ti prende dentro ti rendi conto che stai dando i tuoi segreti, le tue emozioni più forti a tutti, non c’è via di fuga, tuttavia mi sono reso conto che invece avevo proprio bisogno di questo, condividere e liberarmi dalle barriere che fanno parte di ognuno di noi.
Chi è il volontario dal pubblico di cui parli, metaforicamente?
Il volontario dal pubblico è chi si mette in gioco e affronta le proprie paure. Mi sono reso conto che anche essendo il titolo di una canzone del disco che ha un messaggio chiaro e definito, in realtà riassumeva tutto il disco, in ogni canzone c’è un filo conduttore che anche in differenti storie si ripete: il mettersi in gioco prendendosi le proprie responsabilità e rischi.
La Canzone in particolare è una metafora sulle ammissioni dei propri torti, come in una relazione quando uno dei due ha un carattere troppo forte e anche sa di aver torto prova a rigirare tutto in modo da spostare la colpa sugli altri, ma le bugie hanno le gambe corte. È come se un prestigiatore sul suo palco non riuscisse a far funzionare neanche uno dei suoi trucchi e il teatro si svuota lasciandolo solo. Cala il sipario.
Hai scelto il singolo “Non è musica’’ per anticiparlo. Ci racconteresti il perché?
Volevo uscire con una canzone che fosse diretta, con un sound che non fa parte delle dinamiche “radiofoniche” di questo paese, un brano rock senza peli sulla lingua e che mi rappresentasse pienamente a livello musicale e canatutorale. Ho scelto il blues perchè è la mia anima più forte musicalmente, l’ho unito all’elettronica che amo moltissimo per dargli un impatto che fosse figlio di un’evoluzione musicale e che si contestualizzasse in questo periodo storico senza ripetere qualcosa di già sentito. Non volevo fare come molto spesso accade, uscire un pezzo più commerciale e che è più in linea con quello che sentiamo tutti i giorni, ho fatto un “salto dal treno”. Per il testo vale lo stesso: “scomodo, antipatico e diretto”.
Con la tua chitarra e il tuo talento hai collaborato con artisti come Elisa, Noemi e Marracash. Quali sono state le esperienze più divertenti?
L’esperienza più divertente quando la racconti ma più spaventosa quando l’ho vissuto non è prettamente musicale diciamo. Ero in tour con un artista che negli anni 80 ebbe molto successo e la sua fama è andata avanti per anni, iniziai a suoanarci intorno al 2008 se non sbaglio ed era la prima esperienza in tour, puoi immaginare il ragazzo alle prime armi spensierato e felice perchè lavora con la musica e si trova su grandi palchi ad accompagnare artisti famosi.
Eravamo in sicilia arriviamo con la band al palco e troviamo un’altra strumentazione al posto della nostra. Dopo i primi dubbi tipo:” e mo che famo?”, “aoh ma che c’hanno rubato tutto?” tra uno sguardo minaccioso da parte della gente intorno a noi e la “strizza” che saliva, riusciamo a parlare con l’organizzatore del concerto. In pratica un service della Mafia aveva incrociato il camion del nostro service e bloccandolo sulla strada aveva avvisato il capo che se non fossero stati usati gli strumenti che poi abbiamo trovato sul palco la cosa non sarebbe andata bene. A quel punto abbiamo deciso di non fare storie e suonare, ma prima il nostro batterista che non aveva ben capito la situazione è andato dall’organizzatore a lamentarsi che non avrebbe suonato:”con quella batteria di merda”…..l’organizzatore ci si è avvicinato e aprendo la giacca, scoprendo una fondina con pistola con voce calma e in dialetto stretto ci ha detto:” dite al batterista che non rompesse i coglioni”. È abbastanza divertente no? Uno spasso…..
Nel 2019 hai pubblicato ‘’Sugar Baby’’; quante cose sono successe da quel momento? E quante cose distanziano Sugar Baby dal nuovo disco?
E’ stato quello che ha “rotto” tutto, ho capito che quello che volevo fare era mettere tutto me stesso in questo progetto, non volevo accompagnare ma dirigere, fare musica è ciò che amo di più ma quando puoi fare la tua musica è diverso, diventa un bisogno che non puoi più fermare, dopo Sugar Baby avevo più consapevolezza di cosa volevo fare e avevo imparato tante altre cose sulla produzione, lo avevo fatto anche per altri quindi avevo tutte le armi pronte per una forte evoluzione del mio percorso. La differenza con Sugar baby non è solo nella lingua, c’è una forte produzione e una grande ricerca sonora, non è un disco che puoi associare ad un genere definito nell’ambiente alternativo o cantautoriale italiano, è fatto di contrasti sonori e crossover di genere, sono veramente entusiasta del risultato.
Puoi raccontare a chi non ti conoscesse il significato del tuo nome d’arte?
Per molto tempo ho raccontato un sacco di favolette su questa storia, ma basta, giu la maschera: Il mio soprannome per gli amici è da tanto tempo: “Mastro” me lo dette un mio ex allievo di chitarra che scherzosamente mi chiamava così sia perchè ero il suo maestro di chitarra che per prendermi in giro a causa del mio caratteraccio, sai quello che ha sempre la risposta a modi “sentenza”(altro mio soprannome) e che pensa di aver sempre ragione? Ecco io ero così, spero di essere cambiato…… Quando scrissi il primo album in inglese volli comq mantenere il mio soprannome come nome d’arte, la mia migliore amica che è di origini americane mi disse:” ma perchè non ti chiami MustRow? Calcola la pronuncia è uguale” mi piacque subito e da li MustRow….me lo sono scelto pure difficile perchè ai concerti nessuno capisce mai come si scrive, dovrò iniziare ad andare in giro con un bel cartellone.
Cosa ti ispira maggiormente nello scrivere canzoni?
Questa è facile, mi arrabbio spesso e quindi scrivo spesso.
C’è un palco in particolare nei tuoi sogni nel cassetto?
Da quando ero piccolo per me il palco più bello è quello del primo maggio, rappresenta una storia importante che ci coinvolge tutti e poi mi ci portava mia madre quando ero picolo e al di là del messaggio ricordo quanto fossi affascinato da quelle luci con dietro San Giovanni allagato dal quel fiume di persone che ballavano e gridavano canzoni, spesso sotto la pioggia. Anche quando sono cresciuto ci sono andato per molti anni con gli amici era un momento di condivisione molto forte. In questi anni ho avuto la fortuna di suonarci due volte ma come turnista per altri artisti, il sogno sarebbe salirci come MustRow.
Quali sono i prossimi progetti di MustRow?
Per adesso c’è la promozione del disco, voglio farlo sentire il più possibile e Covid permettendo, suonarlo a tutto volume con la mia band. Stiamo organizzando la release per gennaio 2021 ma ci saranno altre occasioni di sentirci prima, ti farò sicuramente sapere.
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