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“Eremo è l’esigenza di ritrovarsi da soli” – Intervista a Lepre

by Alessia Andreon
Lepre ph Agnese Zingaretti web 1

Esce oggi, 19 gennaio, Eremo, il secondo album d’inediti del cantautore LEPRE, al secolo Lorenzo Lemme.

Eremo è un disco figlio della stessa urgenza espressiva del primo disco “Malato”, uscito nel 2022. Lepre dà il meglio di sé nella dimensione live, che gli consente di suonare la batteria, suo strumento principale.

I 13 brani dell’album sono scaturiti da bozze e idee estemporanee che Lepre ha sviluppato in studio nei periodi di pausa dal lungo tour, di oltre 70 date, che lo ha portato in giro per l’Italia.

Un album denso di sentimento, che non ha paura di guardare in faccia rabbia e amore, come se fossero facce della stessa medaglia, miscelandole sapientemente in studio di registrazione con l’aiuto del produttore e fido compagno di avventure Giorgio Maria Condemi che, sul palco, è chitarrista e bassista.

Ciao Lorenzo, che bello ritrovarti!

Ciao Alessia, è un piacere per me risentirti! Mi fa sempre piacere riuscire a mantenere una certa continuità. Era da un po’ che non ci sentivamo!

Si, esatto, è passato un anno e mezzo circa dall’ultima intervista e oggi siamo qui per presentare il tuo secondo lavoro discografico: Eremo.

Che cosa hai fatto in questo periodo?

È successo quello che speravo: ho suonato tanto!

Ho iniziato prima a suonare in solo, facendo due o tre pezzi di apertura nei concerti di Motta e di Giancane. 
Poi, ho iniziato a fare delle date in band, che poi si sono trasformate in un vero e proprio tour dal vivo in cui, oltre a cantare, suono la batteria. Devo dire che è stata una bellissima esperienza e ho imparato tanto!

Quando è uscito Malato per descrivermelo avevi detto: “tutto il disco è in movimento e in equilibrio, c’è un caos armonico, gioia e dolore, paura e amore…”. Questo nuovo disco è un altro step fin dal suo titolo emblematico?

Bellissima questa frase! Il caos armonico è una parte del mio linguaggio, mi piace l’esplosione dei vari elementi, la bellezza della poesia ma anche qualcosa d’impatto, ed è quello che ho cercato di fare in Eremo.

C’è un’esplosione più forte. C’è un po’ più di rabbia, un po’ più di violenza, sia nella scrittura testuale, sia nei timbri usati e negli arrangiamenti.

In me sono cambiate un po’ di cose: nella mia scrittura c’è sicuramente più passione.

Se in Malato il colore che avrei dato all’album era un giallo/arancione, cioè dei colori crepuscolari che, infatti, venivano richiamati dalle arance in copertina, questo nuovo disco è decisamente rosso! È pieno di rabbia e amore, sentimenti che rispecchiano quello che sento in questa fase.

La cifra è sempre la stessa, ma la quantità di forza è maggiore e c’è meno spazio per il compromesso, complice anche il fatto che, essendo il secondo album, non ho bisogno di presentarmi…. Dopo 70 date so anche io, meglio, fin dove posso spingermi.

Uno dei due estratti è “Acufene”, che parla di un problema che hai scoperto di avere e di cui abbiamo sentito parlare molto, perché anche Caparezza ha svelato di soffrire della stessa patologia.  Come hai reagito alla notizia che non ti sarebbe mai passato il fischio che senti?

Sai che ho visto che c’è anche un singolo dei Nobraino che si intitola “Acufeni”?

Se suoni da un po’ di tempo è un problema frequente; tra gli addetti ai lavori e i musicisti è comune. Il mio problema non è così grave e, sicuramente, ci sono situazioni molto peggiori. Questa traccia è una scusa per raccontare il logorio del tempo che passa.

Svelare qualcosa di me si è rivelata una via per avvicinarmi ed aprire un canale di dialogo con l’ascoltatore.

Non voglio sembrare invincibile nelle mie canzoni, voglio dimostrare che, nella vita, c’è altro di più importante come la bellezza, la poesia, che ti aiutano ad evadere dal quotidiano.

Il brano “Secondo me” esprime l’esigenza di staccare dalla quotidianità, che è l’essenza dell’intero disco, ma questi brani in realtà sono nati proprio in momento in cui eri super indaffarato, tra lavoro e tour. Come hai trovato il tempo per scrivere?

Scrivere è stata la mia oasi nel periodo in cui ho avuto più lavoro in assoluto, non mi fermavo mai, ero sempre in giro per il tour. In quei rari momenti in cui riuscivo a stare da solo, come in una pausa caffè, mi appuntavo delle cose, che poi sono diventare canzoni.

“Secondo me”, in particolare, è stata scritta in uno di quei momenti in cui non hai un attimo di respiro.

Era un giorno in cui avevo bisogno di stare fermo, mi ero da poco stabilito a casa di un amico e sono rimasto sul divano a suonare e scrivere una giornata intera.

Questa canzone è riferita ad una persona con cui, tra l’altro, avevo condiviso la necessità di stare soli per ritrovarsi, di ricentrarsi e la stessa sera, casualmente, uscendo da casa l’ho incontrato.

Il mio Eremo, anche se lo avevo citato in “Vieni a prendermi” è stato scrivere questa canzone perché mi ha obbligato a prendere degli spazi esclusivamente miei e aspettare di ritrovarmi.

Eremo è un disco anche di sperimentazione, in cui hai provato a scardinare la struttura canonica dei testi e hai inserito intermezzi o code strumentali

Non c’è una grandissima novità, però, si sente che, anche su quel frangente, abbiamo spinto un po’ più sull’acceleratore.

Ci siamo permessi di fare come ci andava, contrariamente al primo disco, in cui siamo stati più attenti a dosare tutti gli ingredienti.

La traccia che mi ha colpito maggiormente, forse per la tematica trattata o il sapore retrò che hai voluto dare, è “Splendi”.

Sai che “Splendi” è la mia preferita? Il disco fino ad un certo punto si sarebbe dovuto chiamare Splendi, poi è diventato Calcinacci e infine Eremo.

Il titolo del disco è stato l’unico compromesso che abbiamo fatto, l’unica cosa sulla quale abbiamo ragionato; il resto è stato tutto un impeto e “Splendi” è la più istintiva di tutte. 

È un contrasto che è nato per caso in studio; questa sorta di accendi spegni di rabbia e dolcezza, ha molto a che vedere col contenuto del testo: la storia di una ragazza, appena adolescente, che si è tolta la vita.

C’è voluto del tempo per trovare le parole giuste, però sentivo il bisogno di raccontarla. In studio, anche grazie a Giorgio Maria Condemi, chitarrista/bassista e produttore, abbiamo trovato un modo, senza neanche stare troppo a parlare del testo; inizialmente avevo pensato ad una ballata tutta uguale, dall’inizio alla fine; invece, quando è uscita fuori la violenza delle strofe sono rimasto molto colpito e mi piace moltissimo, soprattutto suonarla. 

Io, essendo maschio, non posso fare più di tanto discorsi da vittima di mascolinità tossica, ma è un argomento che conosco bene perché l’ho visto utilizzare da uomini che conoscevo e so che effetti produce.

Mi ritengo un femminista convinto e avevo bisogno di scrivere un pezzo a riguardo.

Se per il primo disco hai avuto un tour con 70 date, questa volta cosa ti aspetta?

Spero di farne il doppio!

Quello che mi piace è suonare e il disco è il risultato di quello che è successo dal vivo in questo lungo tour.

Tra fine gennaio e inizio febbraio e sarò a Bologna, Roma, Firenze e Torino; saranno i primi appuntamenti per presentare il nuovo disco e rodarlo un po’ e poi vedremo cosa ci riserveranno la primavera e l’estate!

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