Venerdì 18 marzo esce l’atteso album “La Rivoluzione” (Anyway Music) di ENRICO RUGGERI, un disco che parla di rapporti umani, di sogni adolescenziali e di una generazione che si è scontrata con la vita, rappresentata dall’iconico scatto di copertina, una foto della classe di Enrico Ruggeri al Liceo Berchet, anno scolastico ’73/’74.
Undici brani che delineano un concept album autobiografico, con racconti e suggestioni esaltati dall’inconfondibile timbro vocale di Enrico e dalla cura del suono in fase di registrazione.
Il cantautore ha lavorato per due anni a tutti i brani dell’album, con la collaborazione di Andrea Mirò in “Gladiatore” e di Massimo Bigi in “La Rivoluzione”, “Non sparate sul cantante”, “Parte di me” e “Glam bang”.
Il disco contiene due featuring: con Francesco Bianconi in “Che ne sarà di noi”, amicizia nata due anni fa a Musicultura, e con Silvio Capeccia in “Glam bang”, insieme al quale 50 anni fa (1972) aveva fondato gli Champagne Molotov, prima dei Decibel.
È prodotto da Enrico Ruggeri con Fortu Sacka e Sergio Bianchi. Hanno suonato Paolo Zanetti (chitarre), Francesco Luppi (tastiere), Alex Polifrone (batteria), Fortu Sacka (basso), Stefano Marlon Marinoni (sax), Davide Brambilla (fiati) e Andrea Mirò (archi).
Oggi Enrico ci ha parlato del suo album, un lavoro quasi “necessario”, che esprime con emozione una riflessione molto personale su temi diversi tra loro:
“Un disco meditato, particolare. Anche solo per il fatto che i primi 37 album li ho fatti in 40 anni, questo invece esce a 3 anni dal precedente. Io che sono fondamentalmente un ottimista, credo che sia il momento giusto per farlo uscire, anche per il modo in cui è stato prodotto. Sono dell’idea che il cantante, quando crea un album, debba essere presente dal primo colpo di rullante fino all’ultimo missaggio. Ho l’impressione che molti artisti oggi non abbiano questo visione unitaria del fare un disco, ma si limitino al minimo indispensabile. Questo, unito al fatto di aver avuto molto più tempo per meditarci sopra, lo ha reso come dicevo all’inizio, un lavoro molto particolare”
Il titolo dell’album è La Rivoluzione, che in questo caso assume più di un significato:
“Beh è un po’ la storia di tutti noi che ad un certo punto abbiamo preso una strada diversa da quella che sembrava essere la nostra vita. Una piccola rivoluzione quindi. In particolare poi io mi riferisco alla mia generazione. Siamo partiti con Carosello e poi è arrivata la strage di Piazza Fontana. Durate l’adolescenza abbiamo vissuto la deriva violenta degli anni ‘60, con le Brigate Rosse e le manifestazioni violente. Siamo arrivati ai 20 con lo spettro dell’eroina e poi dell’AIDS. Quindi di rivoluzioni ne abbiamo vissute diverse.
E questa è la generazione che gestisce il mondo, c’è chi ha vinto, chi si è venduto, chi ha vinto proprio perché si è venduto. Tutto questo fa parte della rivoluzione di cui parlo nel disco”
E come spesso accade, quando si fanno questi tipi di bilanci, si va spesso a ripescare nell’adolescenza:
“Succede perché tutto parte da lì, e quindi ci confrontiamo con quello. A volte anche perché per parlare con figli sedicenni, dobbiamo ricordarci di come eravamo noi a 16 anni. E poi perché tu alla fine sei sempre quello: io stesso quando mi guardo allo specchio mi stupisco, perché ho un immagina di me che corrisponde alla mia anima, che è ancora quella di quando ho iniziato a fare musica”
Ed è anche vero che Enrico Ruggeri può vantare delle piccole rivoluzioni personali:
“Non sta a me dirlo ma la prima volta che la parola punk è stata usata in Italia, è stato per descrivere la musica dei Decibel. Poi la prima volta che il rock ha vinto a Sanremo è stato con Mistero. Diciamo che io comunque ho sempre cercato in qualche modo di fare una mia rivoluzione”
Certo è che anche musicalmente, spesso la storia si ripete; una differenza fondamentale però, la fa il modo in cui certe emozioni vengono raccontate:
I cantanti che ascolta mio figlio ad esempio, hanno tutti vite di chi entra ed esce di galera, parlano di questo più o meno sempre con gli stessi termini: lui mi dice che questa è la realtà. Allora io penso: anche Dickens però raccontava le stesse cose, Dostoevskij con Delitto e Castigo parlava di questo. La differenza sta nel come le racconti le cose. Sul tema “lei mi ha lasciato e io soffro” puoi scrivere la canzone più banale del mondo, oppure scrivere “Canzone per te” di Sergio Endrigo. La conoscenza e la scelta delle parole sono fondamentali.
Continuando su questo tema, l’artista aggiunge:
Certo gli adolescenti di oggi vivono una realtà diversa dalla nostra: per loro conta molto l’ individualità, hanno idoli che rappresentano solo se stessi, che ce l’hanno fatta ma solo nel senso della realizzazione personale. Anzi, i beniamini degli adolescenti spesso li spingono a pensare che ognuno deve farcela da solo. Così si instilla un germe molto pericoloso, perché il valore a cui aspirare non è “fatturare”: questo sta rovinando il modo di pensare di molti ragazzi.
Ci sono stati anni – continua Enrico Ruggeri– in cui grandi artisti hanno provato con successo a sollevare le coscienze. Dylan, Lennon, avevano una credibilità ed il mondo li ascoltava. Purtroppo il ruolo del musicista adesso è molto diverso”
Tornando invece a parlare dei brani del disco, ci si sofferma su Alessandro, per affrontare anche un tema delicato come il fine vita:
“Tema troppo delicato e troppo personale. Io dico spesso che la mia famiglia sono i miei amici: questo Alessandro adesso ha una malattia terribile, degenerativa per la quale muove solo gli occhi e poco altro. La canzone è il racconto di questi pomeriggi in questo clima surreale, in cui vado a passare del tempo con lui. Per quanto riguarda il fine vita però, credo che ognuno debba decidere per sé. Credo che solo in quei momenti uno possa formulare un’opinione. Io non so cosa farei se mi trovassi in una situazione del genere. Ognuno deve decidere per sé.”
C’è anche un pezzo nell’album che si chiama “Glam Bang”:
“Il Glam va inquadrato storicamente, perché arriva in un momento preciso. Fino a quel momento il cantautore era poca immagine, volutamente molto scarno. Quindi gli inglesi, che amano giocare e non hanno mai avuto grande politicizzazione in quegli anni, arrivano con una musica meravigliosa e divertente. Poi certo ci sono gli epigoni, come Bowie, ma anche artisti glam che hanno senso solo se contestualizzati. Di fatto era una musica che presupponeva la simpatia smargiassa dei giovani di quel periodo…e per questo ci piaceva.”
All’album seguirà anche un tour, come ci ricorda Enrico:
“è una delle cose più piacevoli delle mie varie vite: salire sul palco. È la cosa che mi è mancata di più. Un concerto è comunione di intenti, condivisione, una serie di cose che sono fondamentali. In questo momento è la cosa che attendo con più impazienza”
Sono una toscana semplice : un po’ d’arte, vino buono & rock ‘n roll.
“Non come chi vince sempre, ma come chi non si arrende mai”
(Frida Khalo)