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Bernardo Lanzetti: ogni musica valida si ispira ad un nobile passato

by Paola Pagni

È uscito su tutte le piattaforme digitali  l’epico album di BERNARDO LANZETTI ” I SING THE VOICE  IMPOSSIBILE “, su etichetta COLLEZIONE DI MUSICA di SNV ITALIA.

 
  Nell’album, pubblicato originalmente nel 1998, la voce è totalmente protagonista: la voce non solo come ” Soggetto ” e ” Oggetto ”   ma anche come ” Controller “.


Cʼè chi definisce la voce come lo strumento musicale più versatile oltre che portatile, altri la identificano come “firma originale” di ogni essere umano, altri ancora la celebrano come portatrice di  Melos ma anche di Pathos.

 
Di certo, in campo musicale, la voce, unico strumento in grado di accoppiare le note alle sillabe delle parole, è straordinaria portatrice di informazioni e emozioni.

 
BERNARDO LANZETTI, dopo le varie esperienze anni ’70 con gruppi come ACQUA FRAGILE e PFM ,

dagli anniʼ 80, si è dedicato anche allo studio della vocalità interfacciata con ” device” elettronici in grado di leggere il contenuto armonico della voce oltre che il volume, la brillantezza e la quantità di fiato emessa.

Inizialmente questo gli fu possibile perchè la ditta australiana ” Fairlight “, negli anni ’80 e ’90 top produttrice di strumenti computerizzati, gli aveva affidato proprio uno dei quattro prototipi del Voicetracker.
 
Oltre a Bernardo Lanzetti , gli altri tre andarono a PETER GABRIEL, MICHAEL JACKSON e KATE BUSH.

Bernardo Lanzetti è un vocalist dotato di unʼestensione superiore a tre ottave.

Eʼ il primo cantante italiano ad entrare nella Rock Encyclopedia.

Detiene il record di 12 concerti, tenutisi in altrettanti luoghi, in un giorno solo a Milano.

Ha avuto lʼonore di cantare sul palco con Steve Hackett dei Genesis, Ian Anderson dei Jethro Tull e Greg Lake di Emerson Lake e Palmer.

Bernardo Lanzetti ha registrato 21 album ufficiali più numerose varie raccolte e collaborazioni con altri artisti.

Come compositore nonché autore di testi in inglese e italiano, ha visto pubblicare più di 120 brani.

Abbiamo deciso di fare qualche domanda a Bernardo Lanzetti, ma forse un libro intero non basterebbe per scrivere di lui.

Bernardo Lanzetti

L’Intervista

“I Sing The Voice Impossible”, come si capisce dal titolo, ha come protagonista assoluta la voce: come nasce la tua ricerca sullʼuso della voce come strumento?

Erano gli anni ʼ80, immagine, dance e elettronica: che poteva fare un vocalist dopo aver girato il mondo come cantante solista del gruppo italiano più importante e dopo avventure originali come il record di 12 micro concerti in un solo giorno?

 I musicisti, non solo in Italia, avevano snobbato le prime apparecchiature computerizzate come le batterie o i sequencer mentre io ho cercato di inserirmi dallʼinterno concentrandomi su quanto potevo fare con la voce.

“La voce come strumento” era già stata studiata e proposta da illustri colleghi, non solo nel rock ma anche nella classica e nellʼavanguardia.

Ho realizzato che la voce umana, lʼunico strumento monofonico (emette una nota per volta) con il valore aggiunto della “parola” poteva, da allora, diventare anche il “controllore” di strumenti digitalizzati.

In parole povere, la voce poteva sostituire il dito sulla tastiera o la penna sul pentagramma…

Uno dei protagonisti di questo tuo album è il Glovox, questo guanto da te inventato che riesce a sintetizzare i suoni delle corde vocali appoggiandolo direttamente sulla gola: ce ne vuoi parlare?

Quando si parla di voce e di canto, tutti pensano al microfono

tradizionale ma, in realtà, specialmente su un palco, in mezzo a altri strumenti più o meno amplificati,

il microfono viene investito da una gran quantità di suoni estranei alla voce e di conseguenza è problematico, anche per un computer sofisticato,

isolare la sola voce e dare risposte rapide alle informazioni che si presentano.

Ho pensato quindi di montare due microfoni a contatto su un guanto morbido che, appoggiato alla gola, permette di captare le vibrazioni delle corde vocali isolate da quantʼaltro stia accadendo attorno.Questi segnali possono essere inviati sia a apparecchiature analogiche che digitali.

Nel primo caso si può gestire un “assolo” che ricorda una chitarra elettrica, nel secondo caso, è bello attivare i sintetizzatori privilegiando i suoni meno percussioni e più vicini agli strumenti a fiato.

Cʼè un brano di questo album a cui sei particolarmente legato? E Perché?

Ad esclusione di “Come Again” con cui celebro la vocalità del troubadour del XXVI secolo, John Dowland, tutti brani sono frutto di esperimenti simili – come dire?della stessa scuola.

I testi sono minimalisti e come se fossero ispirati a poeti sconosciuti. I tempi della ritmica sono dispari ma sovrapposti a misure pari.

La voce canta, recita e “suona”…

La tua musica porta avanti fiera una sonorità progressiva tipica degli anni ʼ70, che ad oggi non è facile da ritrovare se non in band deliberatamente ispirate al passato: trovi difficile proporre questa musica?

Ogni musica valida si ispira ad un nobile passato.

La fama e il successo sono frutto di meccanismi in realtà dipendenti dallʼoccupazione più meno massiccia dei Media.

Da tempo, non risulta facile proporre musiche e artisti che non siano passati per Radio e TV.

Tu hai cantato sia in italiano che in inglese: in che lingua ti trovi più a tuo agio e perché?

La lingua italiana non ha molti monosillabi e poche parole accentate.

Di conseguenza non sembra adatta a inserirsi in musiche dove la componente ritmica è fondamentale.  

Quando ho iniziato ad appassionarmi al canto, mi trovavo negli USA, al fiorire dei fenomeni musicali più importanti e duraturi nella cultura occidentale.

Così come per i cantanti lirici, di ogni nazionalità, è importante conoscere lʼitaliano per cantare lʼOpera, una conoscenza non superficiale della lingua inglese è necessaria per fare rock, jazz, prog e altro.       

Nel mio percorso artistico ho cantato in varie lingue compreso lo “Spanglish” e il Greco antico.

Ogni lingua è funzionale al genere musicale che si vuole

interpretare.

Tu hai attraversato molte realtà musicali, gruppi storici come Acqua Fragile, FM, e poi la carriera da solista: cʼè un momento che ricordi con unʼemozione particolare? E Perché?

Per non farmi tradire dalla memoria ecco un ricordo abbastanza recente.

Cortona, 2014, Steve Hackett presenta un suo spettacolo con musiche di quando era il chitarrista dei Genesis.

Ho la fortuna di venire invitato a interpretare un brano e, senza prove, senza leggio,

molto emozionato ma determinato, mi esibisco in serata e, per fortuna, qualcuno ha anche ripreso in audio/video:”The Return Of The Giant Hogweed”!

Quali sono i tuoi progetti per il prossimo futuro?

Ho terminato un nuovo album “solo”, dove oltre a validissimi italiani ho ospiti illustri internazionali tra cui Jonatha Mover/batteria (Joe Satriani e GTR), David Jackson/sax (Van Der Graaf Generator),

David Cross/ violino (King Crimson) e Tony Levin/basso e stick (King Crimson, Peter Gabriel).

Sto collaborando a un progetto di musiche liriche rivisitate e al nuovo album di Acqua Fragile.

La nuova formazione, oltre agli storici Franz Dondi/basso, Piero Canavera/ batteria e il sottoscritto voce/chitarra, comprende Stefano Pantaleoni/tastiere, Claudio Tuma/chitarra e Rossella Volta/ vocalist.

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